Potremo mai essere tutti sufficientemente ricchi e quindi
realizzare le nostre aspirazioni? E, cosa forse più importante, potremo mai
capire sino in fondo le persone con le quali siamo in qualche modo in contatto?
Scegliere tra l’avere e l’essere mi risulta difficile.
Districarmi dalle insidie di atteggiamenti estremi in un senso o nell’altro ed
evitare i luoghi comuni e le difficoltà di definizione delle mie attese potrebbe
essere un buon inizio.
Devo prima di tutto accettare il fatto che non sono un
eremita ascetico e neppure ho grandi possibilità economiche. Ho bisogni che
vorrei soddisfare, veri o indotti che siano, e mi converrebbe innanzitutto
metterli in una scala di valori logica e ragionata.
Osservare alcuni comportamenti che in qualche modo mi hanno
colpito in passato e mi colpiscono anche oggi mi è utile per capire anche il
mio modo di intendere le cose.
Vedo ad esempio l’assoluta indifferenza esibita da alcuni di
coloro che non hanno un problema nei confronti di quelli che invece, in quel
problema, ci stanno dentro sino al collo.
Cerco di fare esempi.
Una coppia che ha uno o più figli, durante un incontro con
altri, si lamenta del fatto che i figli disturbano o creano limitazioni alla
loro vita. Nel gruppo sono presenti due che un figlio lo hanno perso, a causa
di un aborto spontaneo, e per ora non possono averlo.
Un esordio “simpatico” sui social è di chi si lamenta il
lunedì di dover andare al lavoro. Qualcuno tra quelli che leggono è
disoccupato, ed il lavoro lo cerca.
Discutendo sostengo che un SUV, magari molto costoso, è
un’auto che in questi tempi difficili in molti non si possono permettere e non
sarebbe il caso di parlarne come se la sua comodità fosse assodata, perché
coloro che non lo potranno mai avere sicuramente vivono male questa esibizione
di ricchezza.
Parlare di futuro e di progetti o belle esperienze con chi
non ha un vero futuro davanti (anche per motivi legati alla situazione fisica)
o che tali esperienze non ha mai potuto farle per mille motivi è sbagliato, se
non si conoscono bene le persone che abbiamo di fronte, perché questo capita, è
capitato e capiterà ancora.
Sensibilità, forse questa dovrebbe essere usata, oppure conoscenza,
cioè sapere esattamente di cosa si parla e della situazione degli altri.
Informazione responsabile, insomma, anche se occorre
ammettere che resta una meta, non un obiettivo veramente raggiungibile, e che
in ogni caso con qualcuno siamo tutti destinati a fare errori.
Oltre 30 anni fa (quasi 40) un amico comprò, in società con
un altro, un camper, in tempi nei quali io avevo altri problemi per la testa. Mi
raccontò di cose mitiche, e di come ad esempio in pieno centro di alcune
cittadine umbre lui avesse potuto pernottare senza alcun problema. La gente li
guardava con curiosità, e senza alcuna reazione di rifiuto. Oggi, col benessere
diffuso, almeno sino a tempi recenti, e con la diffusione capillare di questi
mezzi nessuno li sopporta più, e sono visti con occhi ben diversi, con sbarre a
limitarne la sosta o divieti generalizzati quasi ovunque. In altre parole, in
Italia non possiamo avere tutti un camper, e non solo per mancanza di
disponibilità economiche.
Leggo del problema climatico, e del fatto che India e Cina
disertano incontri internazionali dove si vorrebbero trovare soluzioni o
limitazioni ad un certo tipo di sviluppo. Altra dimostrazione che non tutti
possiamo vivere come noi occidentali, ad esempio, e che una parte del mondo
aspira alle nostre condizioni di vita e di garanzie sociali, ma non potranno
mai averle. Il pianeta è piccolo per tutti se tutti desideriamo consumare come
un italiano medio.
Mi sono allargato, lo so, sono uscito dall’Italia, ma il concetto
è sempre quello. La differenza iniziale di opportunità che nessuna teoria
neocapitalista potrà mai spiegare se non con la difesa di oggettivi privilegi
che, a chi non ne può godere, suonano come insulti appena se ne acquista coscienza.
Nel migliore dei casi c’è il desiderio di migliorare in casa propria (paesi
emergenti o già emersi è molto attivi economicamente) ed in quello peggiore la
fuga dalla propria terra per cercare altrove opportunità di vita migliori.
Mi viene da riportare qui un pensiero non mio, ma trovato in
rete, che sintetizzo:
Come mai gli italiani che vanno all’estero lo fanno per
cercare opportunità che diano loro più garanzie (e guadagni) rispetto a quelle che trovano
Italia e quindi sono visti in modo positivo, come persone che hanno capacità,
intraprendenza e coraggio, mentre gli immigrati, che cercano esattamente le
stesse cose, a volte in fuga da guerre e carestie, vengono da noi solo per
rubarci le case, il lavoro, l’assistenza?
Il resto che mi passa dentro lo lascio inespresso, forse è
meglio…
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
Molto chiaro e anche complesso quello che dici, che ho appena letto. Ci sarebbe da parlare tanto ma vado al finale, all'ultima parte, quella degli Italiani che vanno all'estero, magari calcando anche la mano sul punto.
RispondiEliminaRitengo che non tutti gli Italiani emigranti sono da considerasi come persone altamente specializzate. Tra questi, la massa, sicuramente svolge attività lavorative molto approssimative, alcune senza futuro certo (parlo dei pub o ristorazione in genere). Molto probabilmente ho unanidea svagliata o non conosco in maniera precisa il problema ma la senzaziine che ho è chenin Italia sono mal pagati anche questi piccoli lavori, oppure in Italiannonnsi vogliono svolgerenper un senso di piccola dignità, mentre andando all'estero tutto è più nascosto. Chi resta in Italia inquadra questi comenragazzi o giovani volenterosi e realizzati. Quindonnon c'è da meravigliarsi se altrinfanno quellonche per noi è visto in maniera positiva in quanto a capacità o volontà di emergere con un lavoro mal pagato da noi e appena retribuito all'estero.
Nessuno ruba nulla a nessuno, serve solo il rispetto delle regole e delle leggi (anche non scritte). Cominciando dall'integrazione. Naturalmente vale per tutti...per chi arrivane per chi parte..
(Sempre anononimo menfi)
tu hai aggiunto un punto di vista perfettamente corretto in più. chi va all'estero ma poi accetta lavori umini... pare che in effetti pure nel resto dell'Europa e del mondo sia finito il tempo delle vacche grasse. le cose mutano in fretta...:-(
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