venerdì 31 ottobre 2014

Caccia alla strega



«Dai Picchio, quest’anno ci dobbiamo divertire!»
«Piantala di chiamarmi Picchio, cazzo! Chiamami Fabio.»
Al Picchio non piace quel soprannome che i cosiddetti amici gli hanno affibbiato, ma con qualcuno di loro non si azzarda ad alzare la voce e chiedere di smetterla, sarebbe morto, lo sfotterebbero ancora di più, mentre così, se abbozza, lo sberleffo rimane ancora entro limiti tollerabili. Il paese ha questo di tragico, che a lui va sempre più stretto. Sei sempre quello che eri a 10 anni, o a 15, bisognerebbe fuggire. Lui ci ha provato, e poi ha dovuto tornare. Ma Luca no, per la miseria. Luca deve smetterla. Quello è anche più sfigato di lui, e non se lo deve permettere.
«Va bene, d’accordo, ok, obbedisco, sissignore!»
«Senti, piantala! Piuttosto hai qualche idea? Gli stronzi vanno tutti a Cesena, in tanta malora, e noi siamo qui come due perfetti idioti. Se non hai idee tanti saluti, vai alla festa delle zucche e dei bambini, il pomeriggio alle quattro, poi a casa subito dopo, che diventa tardi. Ma vacci da solo, e non rompermi le scatole.»
Luca abbassa un po’ la cresta, e rimane in silenzio.
«Con te non si può parlare. Me ne vado. Mi informo meglio di una cosa che ho saputo per la sera del 31, e poi, se ne ho voglia, te lo faccio sapere.»
Il Picchio lo saluta alzando una mano, senza grande entusiasmo e senza parlare.
Mentre l’altro si allontana lui è certissimo che non troverà nulla. Sa anche che in ogni caso è dal Picchio che tornerà, entro un giorno o due. Luca è appiedato, mentre lui ha l’auto del padre, se la vuole, quando gli serve. Non ne ha bisogno però per svolgere le poche ore da precario in piscina, come aiuto per manutenzione e pulizie, spesso in nero (e gli va pure bene).
La piscina è a seicento metri da casa, alla fine del mese guadagna meno di quattrocento euro, e se non potesse contare sull’aiuto dei suoi sarebbe alla fame. Ovviamente vive con i genitori, anche se ormai ha quasi trent’anni, e di donne, ovviamente, manco l’ombra. Quando annusano il tipo e la posizione economica si allontanano tutte, e tra quelle quattro case dove vive non c’è alcun segreto, per nessuno.
È per questo motivo che lo chiamano il Picchio, quello che non batte chiodo. Ma non se ne esce. La vita di merda non offre sbocchi e chi poteva o aveva le giuste conoscenze gli ha fottuto il posto in comune, o in banca, o in quel supermercato inaugurato pochi anni prima.
Con una maturità scientifica non ha titoli per far nulla. L’università l’ha frequentata, a Bologna, per poco più di un anno, poi ha trovato un posto in un magazzino della città emiliana ed ha smesso di studiare. Lavoro faticoso ma ben pagato, e ferie, e contributi, tutto in regola. Una fortuna insomma, che i suoi, malgrado la delusione dell’interruzione degli studi hanno accettato, almeno come soluzione temporanea. Poi i proprietari del magazzino hanno smesso di pagare alle date previste e sempre più in ritardo, infine hanno smesso del tutto. E così, dopo tre mesi di proteste e agitazioni che nessuno ha neppure preso in considerazione, i sette dipendenti, in ordine sparso, hanno piantato la baracca. Pure lui ha lasciato quell’ormai ex lavoro, con un credito di oltre tremila euro, ed è tornato, coda tra le gambe, a casa dei genitori, sfigato e depresso. Giada (che nome stupido, a ripensarci), una parmigiana trapiantata a Bologna, dalla voce profonda, col corpo da indossatrice e molto ammirata quando uscivano assieme, lo aveva già mollato preventivamente per mettersi con un altro. Istinto del topo sulla nave che affonda, nulla da dire. E così a Bologna non gli rimaneva nulla, nemmeno un rimpianto.

La nebbia la mattina inizia a farsi vedere, ma poco, e se ne va presto, spaventata dal sole. Lui va in piscina, poi rimane un po’ per nuotare, e rilassarsi, perché lo pagano poco ma almeno l’ingresso in vasca è gratuito, e pure la doccia dopo le 60 vasche da 25 metri che riesce a fare tre o quattro volte in settimana. La sera vede di nuovo Luca.
«Ciao Picchio: Argenta. Si va ad Argenta. Notte delle streghe e tante fighe che si vogliono divertire. C’è un locale che promette sballo per tutti…»
«Piantala, mi stai stufando. Smettila con ‘sto Picchio o ti arriva un pugno tra i denti. E spiegati meglio.»
«Va bene. Al Corallo Notturno ci sarà uno spettacolo con un complesso in costume, pare con una cantante notevole, Lady Gaga della bassa la chiamano. Dicono facesse spettacoli porno, poi si è stufata e si è scoperta una bella voce, oltre a due belle tette.»
«Ho capito, solite cose, e si pagherà un casino per entrare.»
«Sì, non pochissimo. Trenta a testa. Senza consumazione. Ma mi sono informato. Dove va quel complesso arrivano le donne come mosche. Pare che il basso sia una calamita per femmine. Una volta due del pubblico, in un posto di Verona, sono salite sul palco e se non interveniva la sicurezza se lo facevano davanti a tutti. E lui mica si è tirato indietro, pare.»
«Senti, Luca: ci penso. Ok? Non mi va di buttarmi come un disperato in imprese idiote come quelle che mi proponi ogni tanto. Ricordi la grande scopata garantita a Rimini di tre mesi fa? Tutto organizzato! E ci è costato un patrimonio per niente. O meglio: per far la figura dei morti di fame. Quando hanno visto la Skoda Fabia a metano dei miei le due avevano già deciso. Ci hanno concesso di pagar loro la cena in quel posto caro rabbioso, e poi tanti saluti. Ciao ciao.»
Il Picchio ed il socio fanno due passi, in paese, senza entrare da nessuna parte, soli come i due cani che li seguono, a debita distanza. Parlano di stupidaggini, poi si salutano. Ci penseranno.
Il 29 si decidono. Va bene. Vada per il Corallo Notturno e la notte con le streghe infoiate. Deve andare sempre tutto storto? Un po’ di culo ogni tanto no? Le probabilità sono a loro favore. Il Picchio dovrebbe sapere invece che la probabilità di un evento slegato dai precedenti non aumenta per quello che è o non è avvento prima. Lo ha pure studiato, ma ora lo ignora. Anche la sfiga di notte dovrebbe aver difficoltà a trovare sempre lui. Però il fatto che una coppia desideri un maschio ed abbia già tre femmine non vuol dire che il prossimo figlio sarà maschio. La probabilità che questo avvenga è sempre del 50%. Più o meno. Quindi logica e sfiga remano contro, ma si va lo stesso.

La sera del 31 il Picchio si veste con il solo abito scuro che possiede, e, su suggerimento del socio, si porta in tasca  pure la maschera nera tipo Zorro, comprata per sembrare un personaggio delle tenebre. Abbigliamento simile indossa anche il Luca. Partono verso le nove, direzione Argenta. Durata prevista del viaggio, con la solita Skoda Fabia a metano, circa un’ora. Arrivo più o meno attorno all’orario di apertura, tanto per guardarsi attorno prima, o per viaggiare senza fretta. Di pagare multe con tutti gli autovelox piazzati ovunque non se ne parla.

Primo problema. Il padre ha usato l’auto il giorno prima e praticamente è senza metano. A benzina si spende un patrimonio. Serve una sosta al distributore. In zona ne esiste uno solo. C’è coda. Mezz’ora persa.

Secondo problema. Per una piena di un canale del cazzo un ponte non è agibile. Deviazione. 15 km in più ed altri 20 minuti sprecati a girare a vuoto nella campagna.

Terzo problema. Quando finalmente arrivano, il parcheggio del locale è pieno, ed attorno le auto sono parcheggiate quasi sul bordo dei fossi. Il primo e più vicino buco che trovano è oltre i confini delle terre conosciute. Per ritornare a piedi  verso il locale, decisamente molto animato pare, impiegano un tempo interminabile. Camminando sul ciglio della strada finiscono per sporcarsi le scarpe, che prima erano lucide, ed ora sembrano quelle di due contadini che hanno zappato sino ad un minuto prima.

Quarto problema. Quando finalmente, dopo aver pagato il pedaggio, entrano nella sala principale, annusano profumi scadenti e sudore umano, odore di sesso e di eccitazione generale. La musica, per fortuna, anche se assordante non è male. Ma sono tutti ragazzini. Quelli che non hanno il viso nascosto da maschere o costumi in tema Halloween  sono al massimo sui vent’anni. Lady Gaga si dimena e non è male, ma è l’unica donna attorno alla trentina nel Corallo.
Le streghe infoiate forse lo sono, ma non li vedono neppure. Per loro sono solo vecchi satiri allupati e ridicoli, al massimo da prendere per il culo per quell’aria con la lingua fuori da affamati che non sanno togliersi di dosso.
Il Picchio capisce che non è il posto adatto, né la sera giusta, anche se ancora non vuole ammetterlo. Guarda una gatta con una tuta aderente che la fascia come una seconda pelle ballare con una specie di vampiro. Quel corpo lo attira, non riesce a staccargli gli occhi di dosso, ma può solo guardarlo da lontano, a distanza di sicurezza, mentre a decine continuano a passargli davanti interrompendogli ripetutamente la visuale. Per fortuna non deve parlare col Luca. La musica è troppo forte, e non sarebbe possibile. Si incazza più con se stesso che col socio, e si deprime.
La notte è ufficialmente iniziata e le streghe, assieme ai loro maghi, ai vampiri ed ai licantropi, hanno deciso di farli cuocere nel pentolone del desiderio sempre più ottuso e fisico a fuoco lento, ignorando le loro urla di dolore. Passa quasi un’ora. Poi il Picchio si avvicina all’orecchio di Luca ed urla:
«Andiamocene!»
Non servono spiegazioni, anche il socio ha capito. Restare non vale la pena. Escono incazzati e senza parlare. Mezzanotte è passata da qualche minuto. Si dirigono verso l’auto, mentre il cielo stellato sopra di loro sembra prenderli in giro e ridere. Ride proprio, incredibile. Il Picchio alza lo sguardo e non capisce, poi si rende conto. A ridere sono tre ragazze, non il cielo. Sono giovani, è vero, ma queste li vedono. Stranamente ora i due amici sono tornati visibili, anche se la luce è poca. Una ha un vestitino corto corto, che sembra due taglie meno del necessario. Le altre due sembrano gemelle, con i capelli bianchi, sicuramente parrucche, e i visi pallidi, ornati da segni rossi…
«Scusate, avete la macchina voi due? Dareste un passaggio a strega Lumilla e alle sue due amiche morte viventi?»
«Come scusa? » fa il Picchio preso in contropiede e non poco stupito che tre ragazze come quelle gli rivolgano la parola.
«Se ci date un passaggio a Portomaggiore vi invitiamo alla festa dove stiamo andando. Qui è solo un mortorio. Voi venite dal Corallo?»
«Sì, siamo stati ad accompagnare una persona, ma ora abbiamo un impegno.» Il Picchio tenta una manovra difensiva, ma le ragazze non credono ad una parola. Luca tace, anzi, sorride con un’espressione ebete. Sono incastrati, quindi propone: «Ma se facciamo presto un passaggio ve lo diamo, ok?»
I due camminano davanti, seguiti dalle tre ragazze, e finalmente arrivano alla Skoda.
«Soccia, bella l’auto d’epoca, non sono mai stata su una Skioda!» fa la Lumilla mentre le altre due devono essere mute, e non solo, perché non parlano e non ridono.
Il Picchio ignora la battuta, sorride ed apre l’auto sbloccando le portiere.
«Dovete dirmi voi la strada più breve, non siamo pratici della zona.»
L’unica  dotata di parola, che si è piazzata in centro al sedile posteriore tra le due morte dallo sguardo perso nel vuoto, emette una risata sguaiata che lo fa pentire di averle fatte salire mentre il Luca, seduto al suo fianco (l’idiota poteva pure mettersi dietro, no?) sembra eccitato come un gatto in amore. Avrebbe voglia di buttargli un secchio di acqua gelata addosso. La ragazza divertita, dopo aver smesso di ridere, finalmente si esprime:
«Va bene. At port mi in cal post. Parti e vai sempre dritto, sino all’incrocio a due Km, poi prendi a destra.»
«Agli ordini, madame....»
Non ha voglia di parlare, solo di togliersele di torno. E parte seguendo le indicazioni.
«Non potresti andare un po’ più veloce? O la macchina perde i pezzi?»
«No, non perde i pezzi. Posso anche accelerare.» Il Picchio inizia a spazientirsi.
«Tu dimmi la strada più breve, al resto ci penso io. Tu hai la patente?»
«Io? La patente? Non ho ancora compiuto i 18, spero che tu non sia un pedofilo.»
La stronzetta sa parlare italiano allora, per essere una strega è istruita, pensa, ma intanto si è innervosito.
«Non mi interessano le ragazzine, e se anche fosse tu perché ti sei fidata a salire in macchina con noi due, pensi che visto che siete in tre noi abbiamo paura di voi? Potremmo essere due maniaci. Il mio amico sai quante ragazzine come te si potrebbe fare se volesse? Non fidarti anche se sembra tranquillo. C’è sempre la possibilità di svoltare in una strada tra i campi, no?»
Luca, sentendo quelle minacce non si rende conto che sono pronunciate solo per impaurire e far stare al suo posto la ragazzina. Si sfila dal viso il sorriso stupido e si fa di colpo serio. Anche la ragazzina diventa muta, e decisamente meno allegra di prima. Le altre due mute erano e mute restano. E non cambiano espressione.
Il viaggio prosegue così, senza altre battute o risate, sino al cartello stradale di Portomaggiore, e finalmente il Picchio chiede nuove indicazioni, con l’aria più tranquilla possibile.
«Bene, ci siamo tra un po’. Spiegami dove devo lasciarvi, gentile Lumilla, una volta arrivati. Io e il mio amico non veniamo alla vostra festa. Vi facciamo scendere al vostro sabba e ce ne andiamo.»
«E’ appena entrati in paese, a destra, in via Mulinelli...»
«Benissimo, spero che vi divertiate più di quanto ci siamo divertiti noi, carissime. A che numero o quale casa?.»
«Sembra un grosso cubo bianco, eccola, si vede già, ci sono le luci accese all’ingresso e pure le finestre sono illuminate...»
Il Picchio frena davanti all’ingresso. Le tre scendono tutte dal lato della casa, richiudono la portiera e si incamminano verso l’ingresso, senza un saluto né un ringraziamento.

«Stronze sino in fondo.» dice il Picchio al suo socio facendo partire l’auto.
Ritornano sulla statale in pochi minuti e poi prendono la direzione di casa.
«Come volevasi dimostrare, caro il mio Luca, abbiamo trascorso una serata di merda, ed ora ho pure sonno. Voglio un caffè.»
Luca tace, e solo dopo una decina di minuti indica con la mano un’insegna accesa, a poca distanza. È tardissimo, tutti i bar sono chiusi ormai, ma quella è una stazione di servizio self-service aperta tutta notte, ed ha un distributore automatico di bevande calde, vicino alla piccola costruzione del gestore ora sbarrata.
«Anche un caffè così mi va bene, tu scendi?»
«No, non mi va. Ti aspetto.»
Il Picchio si avvicina al distributore, poi ricorda che ha lasciato in auto nella tasca posteriore del suo sedile i documenti con gli spiccioli ed il portafogli. Quando sono scesi per andare al Corallo lui ha preso pochi soldi, ed il resto lo ha nascosto nella tasca come fa di solito. Da fuori non si nota, gli sembra una cosa sicura.
Torna indietro, apre la portiera posteriore e mette la mano per prendere il borsellino con gli spiccioli. Niente. Allunga la mano, ancora niente, e lo stesso dalla parte del passeggero.
«Ma porca di quella… Mi hanno preso i soldi ed i documenti le tre stronzette.»
«Sei sicuro?»
«Ma che cazzo dici? Certo che sono sicuro, torniamo indietro. Adesso, zozza miseria, ma che….»
Sale in auto, fa inversione e stavolta corre dimenticando la sua solita prudenza.
In meno di 10 minuti sono alla casa cubo, si fermano, e lui scende di corsa per attaccarsi al campanello della porta d’ingresso. Nessuno viene ad aprire, ma dentro c’è gente, si sente musica. Suona ancora, e finalmente si affaccia un uomo sulla cinquantina.
«Cerco tre ragazzine.» spiega, e le descrive, ma quello cade dalle nuvole. In casa ci sono solo suoi amici, per festeggiare un compleanno, e loro non hanno figli o figlie, e in ogni caso lì non ci sono quelle che sta descrivendo.

La notte di Halloween sarà ancora lunga, ma la strega e le due morte viventi sono sparite nelle tenebre. Cercarle si rivela presto inutile. Possono essere andate ovunque, e non è detto che abitino a Portomaggiore. Con un cellulare chiunque può essere stato chiamato e averle recuperate.

Quando finalmente, due ore dopo, arrivano al paese, Luca scende in fretta dall’auto, e promette che si farà vivo la mattina successiva.
Il Picchio, incazzato per essere sempre il solito fesso, porta la macchina in garage e facendo poco rumore entra in casa e va nella sua stanza.
Si mette sul letto vestito e pensa alla serata appena finita, poi, senza rendersene conto, si addormenta.
Il giorno dopo Ferrari Fabio riceve una telefonata dai vigili urbani di Portomaggiore. Hanno ritrovato i suoi documenti. No, soldi non ne abbiamo visti. Erano tanti? Accidenti, ci spiace, ma si consoli che per i documenti non deve fare denunce e duplicati.
La notte di Halloween però prepara al Picchio anche un altro regalo velenoso e postumo. 47 giorni dopo, poco prima di Natale, da San Bartolomeo in Bosco gli arriva una notifica giudiziaria per eccesso di velocità nella notte del 31 ottobre 2014. Un autovelox del comune ha rilevato l’infrazione.
Le streghe si vendicano, se tenti di cacciarle o anche solo di spaventarle. Anche con le streghe per finta non si scherza.

                                                                                                          Silvano C.©


( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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