Che Ebola sia un’emergenza mondiale ormai è chiaro a tutti. Che
se si trovasse un vaccino valido questo farebbe ricredere molti obiettori ne
sono certissimo.
Che a portarcelo in Italia, se e quando capiterà, sarà non
uno sfortunato migrante su un barcone bensì un turista, un operatore sanitario,
un missionario, un operatore umanitario, un militare o comunque qualcuno che
arriverà in aereo mi sembra abbastanza logico.
La cosa che non capisco è perché, quando e se capiterà, tra i
primi centri che dovranno affrontare l’emergenza siano previsti due dei nostri maggiori ospedali italiani, a Roma
e a Milano. E spiego le mie perplessità.
Poiché Ebola è un evento mediatico prima ancora che un
evento reale sul nostro territorio, la psicosi del contagio possibile è un dato
di fatto ormai oggettivo, cioè rientra tra i parametri che contribuiscono all’emergenza
stessa, non ne è più semplicemente una conseguenza.
Come potranno sentirsi al sicuro pazienti e visitatori,
personale sanitario e operatori coinvolti se dovranno frequentare ambienti ad
un corridoio di distanza, o su un piano sotto, nella stessa palazzina o nello
stesso edificio dove si trovano i reparti che ospitano i sospetti portatori del
virus?
Credo sarebbe preferibile pensare a strutture non centrali, ma isolate.
Meglio cliniche di piccole o medie dimensioni che grandi strutture, insomma. Anche
la distanza fisica aiuta a diminuire la percezione del rischio, che in ogni
caso non è ancora ben chiaro sino a che punto sia stato stimato visto l’allarme
dei vari governi.
E poi rifletto su quanto è successo a Ferrara. Sino al 2012
era operativo l’Arcispedale Sant’Anna, situato a ridosso delle mura cittadine,
ma dentro la città. Ogni ferrarese poteva recarsi all’ospedale usando la
bicicletta, se si trattava di andare in visita ad un ricoverato. Inoltre il
reparto infettivi era situato in una palazzina isolata da tutte le altre
strutture, senza ascensori o corridoi in comune. Un miniospedale dentro l’ospedale,
insomma, ideato con logica pratica e funzionale, isolabile perfettamente da
ogni altro reparto, in caso di bisogno. Nell'immagine, ricavata da Google Earth, la palazzina infettivi è evidenziata nel cerchietto.
Ora il nuovo Arcispedale Sant’Anna si trova a Cona, a circa
5 Km dalla città, impossibile da raggiungere in bicicletta e collegato con
qualche problema alla città da mezzi pubblici che impiegano non poco a
raggiungerlo.
Inoltre, e qui vengo al caso Ebola, il reparto malattie
infettive si trova dentro il monoblocco articolato del nuovo nosocomio,
esattamente nel settore 3, corpo B, piano 3. Lo schema che riporto è ricavato dal sito dell'ospedale ferrarese.
Nell'immagine a fianco, ricavata anche questa da Google Earth, la zona infettivi è evidenziata ancora una volta da un cerchietto.
Come si sentiranno sicuri coloro che passeranno nel corpo C
o nel piano 2 lo lascio intuire, anche se ovviamente il reparto infettivi è stato
studiato e poi costruito rispettando tutti i più recenti criteri di sicurezza necessari e
la struttura è assolutamente nuova e funzionale.
Qui rifletto solo sulla psicosi che potrebbe scattare in
situazioni di emergenza.
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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