Premessa
Il film al quale mi richiamo per introdurre il
discorso è il Premio Oscar per l’animazione 2008. Riconoscimento meritato, sotto molti
punti di vista, e volutamente evito qualsiasi altro riferimento o estensione a teorie simili o
assimilabili espresse da esperti in campi molto diversi, ma in realtà è a queste
ed a questi che alludo, perché amo esprimere le idee in modo indiretto
e sottotraccia.
Aggiungo che non cerco l’esposizione mediatica, altrimenti renderei pubblici dati
personali completi ed altre indicazioni private.
Tesi
«Chiunque può cucinare!» è la frase dalla quale parto, e
poiché io a fasi alterne amo cucinare la cosa mi interessa e la modifico subito
così:
«Chiunque potrebbe cucinare!».
Da affermativo io trasformo il testo in condizionale.
Prima di tutto occorrono passione ed interesse per poter
fare una cosa, e se questi mancano difficilmente i risultati saranno positivi.
L’interesse può essere presente sin dall’infanzia o sorgere in seguito, questo
non fa differenza, ma deve esserci. Un piatto cucinato controvoglia e per
semplice dovere non saprà mai trasmettere quello che dentro non ha.
Poi occorre tempo, non si impara in due giorni a cucinare,
ed il tempo occorre rubarlo ad altro, sacrificando attività sportiva, leggere,
lavorare per guadagnare (cuochi esclusi, ovviamente), navigare in rete,
guardare la televisione, passeggiare, fotografare e così via.
Si deve anche essere disponibili a fare errori, a
sperimentare, a seguire le ricette e anche ad ignorarle quasi del tutto, a
modificare ingredienti e dosi, a giocare, in altre parole. Solo divertendosi si
può imparare a cucinare, altrimenti diventa un lavoro, un dovere.
Un giorno volevo cucinare per alcuni amici che avevo
invitato a cena come piatto forte uno spezzatino con le patate. Quando ormai
non avevo più la possibilità di uscire per comprare quello che mi serviva,
convinto come ero di avere tutto quanto, mi resi conto con terrore che in
dispensa ci stavano solo un paio di patate, due, piccole e pure bruttine.
Tutto il resto per il primo, qualche contorno extra, la
frutta ed il dolce, oltre al vino ovviamente, non mi mancava, solo le patate. L’occhio
mi cadde sulla cassetta delle mele e così nacque lo spezzatino con le
simil-patate, cioè con le mele. Aggiunsi le mele a cottura quasi ultimata,
ovviamente, ma la cosa mi riuscì bene, stupì i miei ospiti ed ebbe pure
successo. Alcuni anche mesi dopo ricordavano l’episodio, e recentemente mio
figlio, in una delle rare occasioni nelle quali usciamo a pranzo assieme, ha
ordinato in un ristorante un piatto molto simile a quello mio di tanti anni
prima.
Servono poi un po’ di soldi, anche se si cucinano piatti
poveri, perché non sempre i prodotti adatti per la cucina sono economici, in
particolare se si desidera provare con idee nuove, ogni tanto. Quindi tutti
potrebbero cucinare avendo a disposizione anche un minimo di disponibilità
economiche.
E per finire chiunque potrebbe cucinare in modo “normale”,
non certo da grande chef, per familiari ed amici, dando per acquisite le
condizioni precedenti, a condizione di non montarsi la testa invece della
panna, di non parlare in seconda persona plurale come fanno troppi cuochi che
hanno imparato ad esprimersi non ho mai capito da chi (forse in certe scuole
alberghiere o da certi programmi televisivi ?) e di cucinare soltanto, quando
capita qualche occasione, i piatti che si conoscono, senza usare gli invitati
come cavie se non per una parte minima o limitata del pranzo o della cena. In altre
parole, occorre sempre mettere in conto la possibilità che a qualcuno non
piaccia qualche cosa, malgrado noi amiamo pensare a noi stessi come bravi
cuochi.
Conclusione
Diventare un professionista della cucina è tutto un altro
discorso, e non basta per nulla saper cucinare come ho descritto. Tra i
due mondi c’è la stessa differenza che passa tra chi scrive su un blog piccole cose e chi
invece pubblica libri apprezzati e venduti, godendo perciò di (più o meno) meritata
fama.
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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