sabato 25 ottobre 2014

Il tuo corpo nudo


Henri Matisse con modella, 1939
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C’è un bel parlare di grandi ideali, di spinte altruiste e di bisogno di umanità. Si ricerca la spiritualità, si tessono relazioni e si pensa di essere utili. Si va in vacanza, ci si immerge sino in fondo nel proprio egoismo oppure si lotta per una causa che sembra giusta. E ancora si è disperati, si perde o non si trova il lavoro, si usano risparmi accumulati in anni passati per sopravvivere oggi e forse morire domani, nudi.
Nudi si nasce, e nudi, cioè senza più nulla, si muore. Senza vergogna si nasce e perdendo la vergogna, se si è coscienti, si muore.
Reparto natalità e geriatria per lungodegenti sono gli estremi strutturali codificati dalla sanità, sino alla sosta finale, ulteriormente delocalizzata. Ed è quella più penosa, dilatata, accanita, il più tardi possibile, qualità dell’esistenza a parte.
E poi, in mezzo, la parvenza di indipendenza, di onnipotenza, di possibilità infinite spesso sprecate o comunque perse perché ogni scelta prevede che altro si lasci.
Allora si spia il corpo nudo della donna, si idealizza o si compra come se fosse un oggetto, e l’uomo entra nel gioco quasi allo stesso modo, anche lui deve essere un corpo nudo, perché solo la donna? Si guarda e ci si mostra. Qualcuno grida allo scandalo, in altri paesi è naturale farlo, e non ci si stupisce. Quanta invidia per la cultura nordica, e quanta ignoranza reciproca, se poi neppure quella porta alla pace, e loro invidiano noi perché sappiamo ridere, malgrado tutto.
Si scrivono libri, saggi e racconti per scavare, denudare, mostrare. Esibizionismo estetico e fine alla realizzazione, di che cosa poi non è chiaro. Voracità ed anoressia come sostituti di lussuria estrema e clausura che rinuncia e nega. Ma il corpo rimane, sempre. Noi siamo corpo, lo vediamo riflesso su superfici a specchio o negli occhi chi ci guarda; ci giudichiamo e siamo giudicati anche per quello, inizialmente per quello, essenzialmente per quello. Devo essere accettato col mio corpo se voglio aspirare ad una parvenza di realizzazione, momentanea, ma l’unica possibile. Quello che avrò fatto sarà nulla, senza che prima questo corpo sia servito a dannarmi o ad elevarmi. Anche dopo la fine sarà il corpo che mi avrà permesso di essere quello che sono stato.
A volte penso che alcuni grandi atleti sappiano ritirarsi al momento giusto, all’apice della loro carriera, quando la curva ascendente inizia a dare i primi timidi segnali di cedimento. La maggioranza non lo fa. Vuole bere sino alla fine quel vino, quella droga, ed arriva all’umiliazione. Quello facciamo. Il ritirarci non è previsto, se non per pochi.
Alcune delle mie esperienze più significative sono legate alla mia nudità. Ed il mio corpo, con i suoi ordini perentori, ha scandito e scandisce i tempi. Con lui non posso barare, al massimo posso fingere per un po’.
Anche lo scrivere è uno spogliarsi, come il parlare è tentare di indovinare sotto i vestiti di chi ci sta di fronte. Alcuni culi parlano, è evidente. Alcuni occhi parlano, lo sanno tutti. Il sudore del tuo corpo lo avverto benissimo, e mi attrae o mi respinge, senza che io possa mentire, o senza che sappia farlo. E i rumori che fa il corpo, i tanti rumori, a volte buffi e altre osceni, ma tutti nostri, naturali.
Frequentare una spiaggia nudista rende intriganti i costumi da bagno, che nascondono quello che vorremmo vedere, e scopre le carte. Una spiaggia dove tutti indossano il costume invece è ipocrita, allusiva. Classista invece lo è ogni spiaggia. Il corpo nudo o seminudo non nasconde la cura che vi abbiamo dedicato, che abbiamo potuto dedicarci. Completamente nudi o solo parzialmente coperti siamo giudicati per le nostre debolezze o malattie, per la nostra ricchezza e per la disponibilità di tempo. Ma senza più l’innocenza di quando eravamo bambini. Ora, da adulti, i giochi sono chiari. Disgusto o ammirazione non sempre vengono celati, e toccano il nostro amor proprio.
Chi ti conosce ti guarda dentro, e vede oltre i vestiti e la corazza di finzioni. Per quella persona il tuo corpo è nudo. In quel caso la nudità reale è quasi naturale, se capita l’occasione.
E poi ci sono le rappresentazioni, i surrogati, gli spettacoli per chi non ha coraggio e si limita a osservare la vita senza farne parte, a invidiare chi ha il coraggio di spogliarsi senza averlo uguale.
Da bambini era tutto possibile, e dovremmo cercare di imitarli, i bambini, riscoprire le loro curiosità per ogni differenza che appare nuova e interessante, prima che il senso di censura o di proibito inizi a modificare in modo permanente ogni nostro successivo comportamento, a indirizzarci verso la nostra strada segnata.
Vorrei, se fosse possibile, rivedere i corpi nudi come li vedevo da bambino, ma prima, prima di ogni cosa che sarebbe successa dopo, che avrei imparato in seguito, per imitazione e per correzione.

                                                                                                      Silvano C.©


( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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