(da Azzurro, di Paolo Conte e Vito Pallavicini)
Passeggio e la notte arriva prima, un’ora prima. È tornata l’ora
solare, quella adottata in modo convenzionale da tutto il fuso orario che
comprende il meridiano centrale, l’unica linea dalla quale effettivamente si vede
il Sole a mezzogiorno nel punto più alto.
Mentre passeggio vedo un treno passare, in lontananza, con
tutte le luci accese, e la mente corre, associa, ricorda, rivive. Mi riporta
alle mie stazioni, all’indietro nel tempo, e alla
rimozione all’incontrario.
Solitamente tendo a scordare le cose spiacevoli, come forma
di autodifesa. Mi vedo sempre su un cavallo bianco, vestito di una corazza
lucida, e scordo le cadute, i tradimenti, i colpi subiti o inferti, sono cioè al
meglio possibile.
Col treno invece va tutto a rovescio. Scordo le cose belle, i
viaggi divertenti, le esperienze piacevoli, e piombo in uno stato d’animo
simile all’angoscia.
Mi vedo attendere un treno che mi porterà in un luogo lontano
e freddo, oppure arrivo in questo luogo. Ed ecco persone che partono, con la
nostalgia che arriva ancora prima che il treno abbia chiuso le porte.
Avverto l’odore della stazione, cammino nel sottopasso, voci,
attese, parole dette fingendo che sia normale, e voglia di fermare tutto,
treno e tempo.
Il treno per me è distacco, rottura, legami spezzati o
interrotti.
Ma come si può partire con la sensazione di allontanarsi per
sempre, lasciare tutto alle proprie spalle, vivere fuggendo dalla vita
precedente senza provare, appena si vede un treno anche in lontananza, una
valanga di emozioni?
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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