giovedì 9 ottobre 2014

Spacciatori di giocattoli


Nessuno, assolutamente nessuno, è in grado di restituirmi quel rametto di salice che diventava una frusta o un machete, e neppure quei torsoli di pannocchie di granturco sgranate che si trasformavano in mucche pronte a tirare immaginari grossi carichi di casse o di foraggio.
La nostalgia del passato in questa forma è solo filologia senza testi, rimpianto o associazione culturale di nostalgici, quelli che sanno ricostruire artigianalmente stupendi modellini funzionanti di mulini ad acqua o mietitrebbiatrici. Che poi, quando mi capita di vedere nelle loro esposizioni questi gioielli, non me ne andrei mai via.
Io penso invece, e questo veramente mi crea una sorta di rifiuto per il nuovo,  ai vecchi negozi praticamente scomparsi che vendevano giocattoli, e magari non solo giochi, ma anche ferramenta e articoli per la casa e prodotti per la pulizia.
Ne ho conosciuti a decine, in tante città italiane, dal Trentino alla Puglia, dalla Calabria all’Emilia.
Entravo, guardavo, cercavo di essere sorridente e di non farmi chiedere subito cosa volevo. Se ero costretto facevo una domanda su un certo oggetto che mi sarebbe anche potuto servire, ma del quale non avevo alcun bisogno. 
Io cercavo cose strane ed introvabili, giocattoli di plastica o in lamiera, oggetti magari impolverati ma che altrove non c’erano, prodotti da una piccola fabbrica o da un laboratorio improbabile. E spesso li trovavo, li compravo, e spendevo così soldi che avrebbero potuto servirmi per altre cose più importanti.
Con mia moglie, quando con mio figlio era piccolo, abbiamo girato in Europa. Durante i primi viaggi era normale che entrassimo in ogni negozio di giocattoli ci potesse capitare a tiro. Lui si divertiva ovviamente, e noi più di lui. 
Io personalmente avrei spesso comprato l’intero negozio, ma poi, ammesso che non esistessero altri problemi, non avremmo saputo dove mettere tutti i balocchi, e quindi eravamo costretti ad un compromesso.
Ma, in quei tempi, un negozietto o un grande magazzino austriaco vendeva cose diverse da quelle che si trovavano in altri luoghi analoghi in Francia, in Germania, in Olanda o in Danimarca.
Negli ultimi anni no. Tutto è cambiato, in Italia e fuori. Ovunque si trovano sempre e soltanto gli stessi giocattoli, belli o scadenti, costruiti in serie e omologati. L’unica cosa che cambia è il prezzo, ma non il prodotto. E tanti piccoli negozietti hanno chiuso, nel frattempo, e sono nati nuovi e più moderni punti vendita dove le vecchie cose sono diventate costosissime, coloratissime, garantite e certificate, con allegato libretto di istruzione scritto da architetti e pedagogisti.
Io, lo confesso, talvolta entro ancora, mi guardo attorno, cerco i prezzi di una semplicissima scatola di legnetti sagomati, dentro di me penso cose irripetibili e poi sorrido ed esco. A volte compro ancora, è chiaro, non tutto è da buttare, ma non è quello che cercavo io. Io voglio uno spacciatore di giochi non autorizzato che non si rifornisca dalla grande industria o dalla fabbrica radical-chic e che non abbia, in sottofondo, quella musica che alcuni chiamano rilassante ed altri new-age.

                                                                                     Silvano C.©

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