martedì 17 marzo 2015

Il metodo



Liceo Scientifico Statale “Orazio Coclite”, con annessa sezione di Liceo Classico, Vigonza Terme, AZ. Classe 5° C. Secondo giorno di lezione. Terza ora. Anna entra in classe:  “Buongiorno ragazzi, io sono la vostra nuova insegnante di storia e filosofia.”

Breve sintesi antefatti: Anna Pascali è al suo terzo anno di incarico annuale, e per il terzo anno consecutivo si ritrova in una nuova sede. In graduatoria arriva sempre qualcuno che la precede dove ha insegnato l’anno prima, e il punteggio è determinante per arrivare ad una certa stabilità.
La provincia è ricca, ma anche difficile per chi viene dal sud. Ogni anno deve ripartire da zero con l’inserimento in un nuovo ambiente. Per fortuna gli insegnanti dopo un po’ si riconoscono, in particolare quelli che vengono da altre regioni, e creano momenti di aggregazione che fanno sentire di meno la solitudine e lo sradicamento dalle proprie terre.
Il Liceo Scientifico Statale “Orazio Coclite” è frequentato dall’elite della cittadina e dei paesi vicini, e la sezione di Liceo Classico è la crema dell’elite. In altre parole è una sezione di stronzi con la puzza sotto il naso, tutti rigorosamente figli di primari, notai, albergatori, dentisti, avvocati affermati, politici e piccoli industriali. Alcuni insegnanti resistono da anni in quella sezione, tutti gli altri si alternano anno dopo anno, e solitamente lo staff del preside li sceglie sempre tra i nuovi arrivati. Quindi poco più della metà dei docenti garantiscono la continuità didattica, per gli altri è solo il caso che decide, oltre ovviamente alle graduatorie ed alle immancabili conoscenze.
Tra i fissi l’insegnante di ginnastica, il prof. Felin, soprannominato Gattone, superpalestrato e con palestra personale frequentata dalla Vigonza bene. Arriva con la sua BMW ultimo modello e tratta tutti i ragazzi, maschi e femmine, con malcelato disprezzo, quindi incute rispetto, e durante le sue lezioni, in palestra, gli unici rumori che si avvertono da fuori sono quelli del rimbalzo dei palloni su pareti e pavimento o il suono del suo fischietto. Lui non ama sgolarsi.
Poi c’è il prof Artemio Verdi. Qualcuno si azzarda a prenderlo in giro per il suo nome, ma mai alla sua presenza. Lui conosce vita, morte e miracoli di ognuno dei suoi alunni, dei loro genitori, dei parenti e degli amici. Quando entra in classe tutti scattano in piedi e: “Buona giornata professor Verdi.” Una sola volta un ragazzo distratto non si alzò in piedi e tutta la classe seppe cosa aveva fatto suo padre da giovane. L’alunno Burli non fece mai più quell’errore con l’insegnante di greco.
La terza insegnante fissa che voglio ricordare è la Professoressa Natali, sposata Vico, di origini nobili, e ricca sia di suo che per parte di marito. Praticamente insegna storia dell’arte per puro sadismo. Non spiega nulla, il suo voto massimo è 7, e interroga tutti una volta al mese. Tre domande soltanto, poi al posto. Qualcuno, il primo trimestre, ha la media del 4. Spesso fioccano i debiti in storia dell’arte, a fine anno.
Altri docenti non sono tanto diversi, solo meno caratteristici, leggermente più anonimi. 
Anna, nell’appartamento ammobiliato al terzo piano di Via Discoboli, piange, in silenzio, guardando quello spazio impersonale e da turisti. La proprietaria lo affitta, solitamente da metà giugno a metà settembre, in nero, e ci guadagna molto più che in tutti i mesi durante i quali lo cede ad insegnanti di passaggio, nel periodo invernale.
Anna piange, e non sa vedere nulla di positivo in quel posto se non il fatto che potrà guadagnare un po’ e non vivere sulle spalle dei genitori. Anche l’indipendenza per lei è importante, cioè poter vivere fuori casa, ma se potesse lo farebbe nella città dove è nata, non in quel posto frequentato, in estate, da vacanzieri di mezza Europa.

Esauriti gli antefatti essenziali, non tutti ovviamente, perché molti non sono determinanti al fine di capire il senso della piccola storia che tento di raccontare, passo appunto a quella.

La prima ora di lezione Anna prende le misure alla classe, e la classe prende le sue, di misure. Anticipa quello che intende svolgere, da programma, scrivendo alla lavagna i grandi temi che dovranno affrontare. Poi dice poche cose su di sé, e subito dopo, stupendo un po’ i ragazzi, li fa alzare tutti, uno dopo l’altro, e chiede loro due parole di autopresentazione. Alcuni lo fanno in modo annoiato, altri ridacchiando. Tutti raccontano brevemente, su richiesta precisa di Anna, cosa pensano di fare dopo la maturità. Il giro di presentazioni finisce appena in tempo prima del suono della campanella. Ha saputo calcolare bene i tempi, guardando l’orologio a parete. Per adesso può andare. La classe non ha saputo ancora individuare bene con chi hanno a che fare. Non hanno fretta, i ragazzi. L’aspetteranno al varco la seconda lezione.

Anna il pomeriggio decide di fare due passi, la stagione è ancora bella, sembra quasi estate. Incontra Claudia, una collega nello stesso consiglio di classe, pure lei nuova nel liceo e nella cittadina, e questa inizia a lamentarsi. Racconta che ha iniziato da subito a far lezione con quei delinquenti, che spiegava, e che loro sembravano provare gusto a farle domande per metterla in difficoltà. Ha chiesto di farla finire, visto che non era sicura delle risposte da dare, e quelli hanno smesso di seguirla. Ha dovuto alzare la voce.
Quando torna a casa, nel suo appartamento vuoto, è depressa. Quella collega le ha dato una mazzata. Avrebbe potuto invitarla, Claudia, aveva capito che non avrebbe rifiutato, ma non se la sentiva di farle da spalla per le sue lamentele. Non per adesso, almeno.

La seconda lezione nella classe 5° C per Anna inizia due giorni dopo, e quando entra in aula quella è l’ultima ora, una delle più pesanti. Un paio di alunni, in fondo, sembrano disinteressarsi a quanto lei ha iniziato a dire. Si ferma, li guarda e: “Sonia e Mattia, per favore, avete qualche cosa da raccontare pure a noi? “. Questi si bloccano, sentendo i loro nomi, e smettono di parlare tra di loro. Anna può continuare, ed iniziare ad entrare nel vivo di quanto si è preparata il giorno prima. Bistroni alza la mano, e fa una domanda per metterla in difficoltà, con le medesime modalità descritte da Claudia un paio di pomeriggi prima. Lei non si scompone, spiega che non sa rispondere, che è un quesito difficile, ma che potranno trovare assieme la risposta, o almeno provarci.

Un paio di settimane dopo Anna ha già conosciuto Mimmo, che viene da Caserta, Lucia, originaria di Ravenna, le sorelle Banna, della zona di Orvieto, e Ica Puddu, sarda, capelli nerissimi e carattere chiuso, ma sotto la scorza una ragazza dolcissima. E, ovviamente, Marco e Matteo, due istituzioni locali, supplenti da anni, nati e cresciuti a Vigonza, senza alcuna intenzione di allontanarsi da quel posto, e disposti per questo ad accettare semplici supplenze, grazie alle conoscenze di tutti i presidi della zona, senza ambire ai preziosi e ricercatissimi incarichi, che però comporterebbero la necessità di spostarsi. Tutti vengono invitati nella mansarda ammobiliata dalle sorelle Banna per quel sabato sera. Loro prepareranno specialità umbre, e chi vuole potrà portare qualche cosa della propria regione.

È passato un mese dall’inizio delle lezioni. Anna ha individuato un problema nella classe. Nicoletta, la figlia del notaio, una delle poche sempre corretta e mai provocatoria,  attenta durante le sue ore, è isolata. Durante l’intervallo non la vede mai avvicinare anima viva. E nessuno sembra cercarla. Si informa. I genitori sono opprimenti e non vogliono amici della figlia, unica, per casa. Lei aveva un’amica, nella stessa classe, ma hanno rotto. Entrambe erano attratte dallo stesso ragazzo, e l’amica, la sola sua amica, ha pensato bene di non frequentarla più, di non cercarla e neppure di rispondere ai suoi tentativi di dialogo. Nicoletta è entrata in crisi.
Anna osserva e incasella i fatti, attribuisce loro importanza diversa, ma li tiene tutti presenti, ed a casa, spesso, si ritrova a ripensare a quando è successo in classe. Vede i suoi errori, vede le tecniche che le hanno dato risposte positive, vede gli sguardi che si lanciano i ragazzi, scopre rapporti che forse ancora non sono nati, ma nasceranno, e sa abbastanza sicuramente quali probabilmente finiranno male. Il Pazotti è una testa calda, obbligato a frequentare il liceo dal padre avvocato che per il figlio non concepisce nulla di meno, ovviamente ammiratore sfegatato del Gattone, ma, stranamente, per alchimie inspiegabili, attirato da Nicoletta. Lei non lo vede neppure, troppo bello per certi aspetti, e pure troppo stupido. E lui non ci pensa neppure, invece, anche se la vede benissimo. Lo prenderebbero tutti per il culo se  mostrasse anche un minimo di simpatia per quella nullità.

Durante una delle tradizionali cene del sabato sera a casa delle sorelle, dopo abbondanti bevute a base di Vermentino, Sangiovese, Bonarda, Galluccio e Sylvaner, tutti sono molto più eccitati del solito, e le allusioni sessuali iniziano farsi sempre più spinte. La proposta di uno strip poker viene bocciata a stretta minoranza, ma l’atmosfera è sempre più elettrica. Marco spegne tutte le luci tranne una, un blocco di salgemma in un angolo, che trasforma la mansarda in una sorta di camera oscura da vecchie stampe fotografiche. Matteo, contemporaneamente, cerca sulla radio un pezzo musicale adatto, e la camera oscura diventa un locale notturno. Marco chiede a Ica di ballare, Matteo si propone a Lucia. Mimmo, a quel punto, si avvicina a lei, e le chiede di ballare con lui. Le sorelle Banna ballano assieme, come se non avessero mai fatto altro tutta la vita. E le mani esplorano i corpi, spingendosi dove solo la fantasia sino a quel momento aveva permesso. Anna sta al gioco, è solo un gioco, e sono in tanti, li conosce bene tutti. Si sente toccare ovunque, ballando stretta a Mimmo. Lui non le dispiace neppure, deve ammetterlo, anche se non è il suo tipo ideale. Si lascia prendere dalla curiosità ed esplora anche lei, a tentoni, il corpo di lui. Intanto lui la stringe sempre di più, e le fa sentire in modo chiaro la sua eccitazione, sino a quando, entrambi, decidono di sedersi sulla moquette in un angolo, ed iniziano a baciarsi, mentre le mani non stanno ferme.

Ultimi giorni dell’anno scolastico. Anna sa che il prossimo anno non vedrà più quei ragazzi ai quali, alla fine, malgrado tutto, si è affezionata. Alcuni erano, sono e saranno sempre stronzi, ma con tutti è arrivata, come minimo, ad un fermate le armi. Si sono presi le misure, alla fine. Lei ha ammesso le sue debolezze e anche alcune ignoranze, nel corso dell’anno, ma ha fornito loro, contemporaneamente, il metodo corretto per affrontarle. Ha dimostrato, con le mille attenzioni delle quali è stata capace, di considerare ognuno come unico, diverso dagli altri.
Il successo personale del quale va più orgogliosa è quello di essere riuscita a far intuire al Pazotti di essere meno scemo di quello che pensava lui stesso e di aver convinto di questo anche Nicoletta.
Entrambi ora sanno che le opinioni preconfezionate degli altri contano molto poco, e la cosa divertente, ad essere sinceri, è che adesso sono gli altri che li ammirano, invece di deriderli, perché nulla è più attraente e suscita invidia di ciò che si autoalimenta, indifferente alle critiche esterne.

Anna ha avuto una breve storia con Mimmo, si sono consolati a vicenda, hanno sperimentato i loro corpi, poi hanno capito che non poteva durare, ed hanno deciso di lasciar perdere. Sono rimasti amici, non è mai stato amore, e l’anno prossimo il loro cuore non andrà in pezzi perché lontani, ma entrambi ricorderanno con nostalgia e piacere quella parentesi.


                                                                             Silvano C.©

( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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