Non voglio l’uguaglianza, e sarei un illuso se pensassi che
un giorno tutti gli uomini avranno le stesse identiche opportunità pur nascendo
da genitori diversi per posizione sociale ed economica.
Non la voglio, certo, ma desidero continuare a pensare che
sia un sogno da non uccidere, da non umiliare e deridere.
Nei primi anni secondo dopoguerra l’Italia era diversa da quella di
oggi. Il boom economico, a costo di enormi sacrifici (ed anche di errori di
programmazione che stiamo pagando ancora oggi) permetteva a tutti di vedere
realizzabile un miglioramento tangibile in pochi anni, a breve e a medio
termine.
La cosa che mi è sempre rimasta dentro di quel periodo era
la grande disponibilità dei ricchi di sentirsi ancora vicini e solidali con i
meno fortunati, senza per questo rinunciare ai loro vantaggi ed alla loro
condizione.
Per ricchi intendo il ceto medio-alto, cioè coloro che
potevano permettersi l’auto, la bella casa con servizi all’interno, un parco o
un grande giardino. Questi accoglievano ed aiutavano anche i meno fortunati. Ad
esempio facevano prestiti sull’onore, senza avere garanzie se non l’onestà
delle persone beneficiate. Oppure non nascondevano la loro condizione, che non
era mai esageratamente lontana da quella degli altri, gli operai ed i proletari
(si chiamavano così, ricordate?).
Nella vita sociale era normale accettare sia chi aveva di
più sia chi di meno, anche perché chi possedeva di più non aveva solitamente
motivo di vergognarsene, essendo chiara l’origine del suo benessere, e
sicuramente non ne faceva uno sfoggio insensibile e cafone.
In altre parole chi faticava per comprarsi un paio di scarpe
nuove non odiava chi ne possedeva qualche paio in più, ma semplicemente
aspirava ad arrivare ad una condizione migliore, e ne vedeva le possibilità.
C’erano diversità politiche, è chiaro, e anche lotte dure e manifestazioni,
eppure anche il rispetto, entro certi limiti.
La differenza essenziale comunque era la distanza non così
marcata come quella oggi, sempre più evidente, tra gli uni e gli altri.
Adesso, o meglio, circa 30 anni fa, le cose hanno iniziato a
mutare, ad incattivirsi. La difesa dei propri privilegi è diventata una ragione
di vita, prima ancora dell'espressione delle proprie idee o dei propri ideali
di condivisione e redistribuzione. Se notissimi personaggi di sinistra
(politici di professione e sindacalisti) ancora oggi impegnati attivamente in
molti casi, non disdegnano la seconda o la terza pensione, non intendono
restituire benefici e trattamenti di favore ad altri negati, ricevono molto più
di quanto hanno mai dato alla società, qualche cosa non funziona più.
E chi ha raggiunto il benessere senza entrare nella vita
pubblica ora è meno disponibile a spartirlo, seppure in parte, con chi ha
bisogno ancora dell’essenziale. La differenza tra strati sociali si è allargata
in modo ormai inaccettabile, e qualcuno accusa il sindacato (che ha
oggettivamente le sue colpe) solo per depistare dalla volontà sempre meno
nascosta di costruire una cittadella per chi ha mezzi e potere, lasciando fuori
dalle mura tutti gli altri, anche il ceto medio destinato, se le cose non
mutano corso, a sparire.
Io ci vedo grande miopia, in tutto questo, e stupidità
intellettuale. Alla lunga non basta dare culo e calcio agli sfigati per farli
sentire appagati, occorre fornire anche pane, lavoro e casa. E poi non bisogna
chiamarli sfigati e poco furbi, come se solo chi non paga le tasse e frega lo
Stato (cioè tutti noi) meritasse rispetto. E non è neppure il caso di farli
incazzare raccontando solo, da nuovi e demagogici guru, di quanto sono puri ed
onesti alcuni e sporchi e venduti gli altri.
Magari fosse vero che qualcuno ci può salvare. Il guaio è
che possiamo farlo solo individualmente, partendo da noi stessi, non credendo
alle parole ma ricercando la via dopo aver tentato di capire, informandoci,
senza esprimere solo critiche, ed evitando, ad esempio, chi in questo ambiente
chiamato web, fa la pecora al seguito o l’agitatore di professione, il
diffusore di malcontento solo per canalizzare consenso o il passaparola di
bufale interessate.
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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