Durante l’infanzia le mani mi facevano scoprire il mondo. Con le mie esploravo le cose, e la natura, e poi ammiravo la sapienza racchiusa nelle mani degli altri. I gesti di un tornitore, che da un disco di alluminio, o di un metallo simile, sapeva ricavare forme di vasi, di piatti e di altri oggetti. Mio nonno che sapeva scegliere i rami e potare quelli giusti. Mia nonna che cucinava, con gesti abituali, sicuri. Poiché in casa non c’erano libri (difficile trovarne nella case di operai in quei tempi) la mia cultura è stata prima di tutto manuale, legata ai gesti dettati dalla tradizione, e solo dopo, con la scuola, è arrivata da altre vie.
Da questo mi deriva una certa ammirazione per il lavoro
artigianale, quello fatto bene però, che cura i particolari, sceglie gli
utensili giusti e i materiali adatti. Non devono essere necessariamente
attrezzi tradizionali, so che i tempi cambiano, e possono essere strumenti
all’avanguardia. Confesso lo stupore e l’ammirazione provati per un idraulico
che, per liberarmi uno scarico intasato, ha fatto sfoggio di un endoscopio con
uno schermo a colori che mi mostrava lo stato interno dei miei tubi, sino a
oltre una decina di metri di distanza. Se ne avessi la scusa confesso che lo
comprerei, ignorando ogni logica, e fingendo di non sapere che non sono un
idraulico e che sarebbero soldi quasi sprecati.
Un bel legno grezzo prima piallato, sagomato, levigato e poi
lucidato mi trasmette piacere. Lo stesso di una parete appena imbiancata, di
una finestra ben rifinita, di un motore che funziona come si deve, e anche di
un gioco costruito con i mattoncini Lego. La sublimazione di insoddisfazioni
sentimentali e sessuali ha sicuramente avuto un ruolo in tutto questo, e non
pochi sostengono che è dal dolore che vengono le spinte al progresso, dalle
situazioni non risolte, dalla ricerca. In seguito sicuramente il gusto della
ricerca e del fare materialmente si è autoalimentato, portandomi dove voleva,
come se le scelte non fossero più mie, ma semplicemente dettate dalle circostanze.
le mani del resto hanno permesso la nascita della vera
cultura, quella che si sa tramandare non solo oralmente o per trasmissione
diretta, ma attraverso la scrittura, che a sua volta ha separato la preistoria
dalla storia. Ciò che ci è arrivato dal passato attraverso documenti che
usavano simboli, non oggetti, ed ora appartiene all’intera umanità. Vedere con
ciclicità la distruzione di reperti inestimabili operata da ignoranza
integralista mi addolora, ma non riesco a non essere, malgrado tutto, fiducioso.
La memoria collettiva ormai è nostra. Distruggere un tassello originale porta
danni ma non elimina la conoscenza, non ferma il progresso. Lo rallenta, o
momentaneamente lo annulla, ma le mani poi sanno recuperarne il ricordo, e
alimentano la rabbia della reazione, che di solito, per un apparentemente
strano abbinamento, è legata all’affermazione della donna.
La misura della civiltà di un paese, ormai è evidente anche
ai ciechi, si ottiene in modo sicuro dalla misura della dignità della donna in quella
società. Se le donne, con le loro mani, imbracciano le armi, con quelle stesse
mani che sanno donare e allevare la vita, non lo fanno per difendere solo loro
stesse dall’umiliazione di chi le vorrebbe sottomesse e schiave, ma per tutti
noi.
Le mani sono espressione di quanto di più umano possediamo,
della nostra ambizione di migliorare il mondo.
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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