Posto (metto) su un social un chiarissimo e geniale
fotomontaggio (non mio) che mostra le gondole a Ferrara e trovo qualcuno che ci
crede, e pensa che la laguna si sia prosciugata per eventi climatici, come
avevo scritto nella convinzione che tutti ridessero dello scherzo o della
curiosità, e nulla di più.
Poi scrivo delle scuole paritarie e spiego che secondo me
gli insegnanti sono sottopagati, più che in quelle pubbliche statali, dicendo pure
che a mio avviso tali scuole “private” che svolgono un servizio pubblico non
accolgono tanti alunni problematici o con specificità ( DSA, casi con famiglie
problematiche, extracomunitari, figli di fedeli di religioni diverse dalla
cattolica, handicap fisici e così via) come quelle statali ed una persona mi fa
notare che seguire questi alunni costa, e che i soldi delle tasse vanno allo
Stato. Io cerco di tagliare spiegando che ognuno la può pensare come vuole e
questo semplicemente mi dice che scrivo idiozie, offendendo. Così lo blocco e non
ci perdo più tempo.
Una altro spiega, sul suo blog, che “Facebook poteva essere
un grande spazio per confrontarsi e crescere, è diventato un pollaio. Siamo
tutti galli in gara a chi strilla più forte”. Indago appena un po’ e vedo che
costui è presente sia su Twitter che su Facebook. E mi viene da dire che lo
stesso capita pure su Twitter, e, aggiungo qui, anche in tutto il resto della
rete e pure nella vita reale, non solo quella 3.0. Per risolvere il problema
sarebbe sufficiente circondarsi delle persone giuste, oppure, volendo essere
aperti con tutti, dare fiducia solo a quelle che la fiducia la meritano,
ignorando provocatori, disinformati e manipolatori.
Su Wikipedia italiana uno dei pochissimi amministratori (circa
un centinaio in tutto) per sostenere la posizione di un suo beniamino si
permette di valutare l’operato di un altro utente e di giudicarlo solo in un
limitato arco temporale, senza approfondirne l’attività complessiva e
sminuendone ad arte la posizione. Impossibile non vedere in questo malafede o
quantomeno leggerezza, in particolare trattandosi non del primo venuto, ma di
persona che ricopre un ruolo riconosciuto nell’enciclopedia.
Una altro personaggio, un pazzo, non so come meglio definirlo, vuole
eliminare la Pubblica Amministrazione, vuole che nessuno abbia un contratto a
tempo indeterminato e che la scuola non perda tempo a far studiare fatti del
passato. Resto allucinato, rispondo un po’, poi lascio perdere.
Potrei continuare, ma mi sono stancato. Chi vuole casi
simili ne trova a centinaia. Il delirio sembra inarrestabile, in ogni ambiente.
Nessuno crede più a nulla, e le parole si confondono, sino a snaturarle. E non
solo in rete.
La parola politica è fraintesa ad arte, e per alcuni è IL
MALE. Recentemente anche gli addetti ai lavori parlano di un Landini che non fa
più il sindacalista ma fa politica. E vorrei pure vedere che non ne facesse,
senza entrare nel merito delle sue scelte e delle sue azioni.
Un sindacalista DEVE far politica, deve operare scelte, esprimere
opinioni e indirizzare i suoi iscritti, ascoltandoli e svolgendo il ruolo al
quale è chiamato. Pure io faccio una scelta politica se compro il giornale o le
sigarette in quella rivendita che non ha slot machine, o se faccio la spesa in
quel posto invece che in quell’altro, scegliendo quei prodotti e scartando gli
altri. Tutti facciamo politica, anche gli indivanati. Ma per favore, non
confondiamo la politica con l’appartenenza a un partito o l’impegno in un
movimento. Sono cose diverse, e se ancora non abbiamo iniziato a delirare lo
capiamo benissimo.
Pare che Salvador Dalì abbia
detto: L'unica differenza tra me e un folle è che io non sono folle
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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