Si ritrovavano nello stanzone buio e ripassavano a mano, una
dopo l’altra, tutte le patate di un enorme mucchio (che poco a poco si riduceva
facendone crescere uno simile a fianco) per toglierne i germogli che avrebbero
voluto dar vita ad una nuova pianta ma che avrebbero reso del tutto
immangiabili i poveri ma preziosi tuberi.
Mentre lo facevano si raccontavano storie, ridevano e
trasformavano quel momento di lavoro, non troppo faticoso, in svago, socialità.
Era un momento di filò, tanto importante quanto ormai dimenticato.
Da bambino amavo quando capitava, e mi sentivo pure
coinvolto, perché anche io potevo contribuire al lavoro, ma dovevo ascoltare,
non disturbare o intervenire. Erano i vecchi che raccontavano, sempre i soliti,
quelli che lo sapevano fare, e tutti gli altri intervenivano poco, anche loro
ascoltavano. Talvolta gli affabulatori si alternavano, invece, ed ognuno
portava il suo contributo, secondo le sue esperienze e la propria sensibilità,
mantenendo viva questa modalità di trasmissione della cultura popolare e
contadina, andando indietro nel tempo della memoria personale e di quella della
comunità, della famiglia o del luogo.
Quando si incontravano persone di origini lontane,
accomunate da uno stesso destino anche se nate in regioni distanti, si scopriva
che le incompatibilità erano poche, molto meno di quanto le inflessioni
dialettali o i modi esteriori facessero sospettare. E le vere differenze erano
a quel punto percepite come ricchezza da condividere come, ad esempio, nuovi
modi di cucinare, di conservare, di lavorare, di intendere la stessa vita.
I vecchi erano pochi, molti di più i giovani. Era normale
avere cinque o sei fratelli, ed il controllo delle nascite lo eseguiva in modo
spietato la natura, a posteriori, con una mortalità infantile molto più elevata
di oggi.
Allora non era certo il caso di far notare che le patate
germogliate sono potenzialmente pericolose, e nessuno le avrebbe buttate, salvo
nel caso si fossero trovate marce. I mangiatori di patate che eravamo non si
potevano permettere queste raffinatezze che oggi definiamo caratteristiche
nutrizionali, tossicità, culinaria e così via. Quello che importava era prima
di tutto mangiare, perché non era assolutamente garantito il poterlo fare e le
malattie legate all’eccesso di cibi erano decisamente rare, da ricchi. Inoltre la
carne consumata era decisamente poca, e non solo in quaresima. Si mangiavano
patate.
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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