martedì 24 marzo 2015

Non abbiamo bisogno di alcuna istruzione


We don't need no education.
We don't need no thought control.
No dark sarcasm in the classroom.
Teachers, leave the kids alone.
Hey, Teachers, leave the kids alone!
All in all it's just a, another brick in the wall.
All in all you're just a, another brick in the wall.
We don't need no education.
We don't need no thought control.
No dark sarcasm in the classroom.
Teachers, leave those kids alone.
Hey, Teachers, leave those kids alone!
All in all it's just a, another brick in the wall.
All in all it's just a. another brick in the wall.
All in all you're just another brick in the wall.

(Another Brick in the Wall  - Pink Floyd)

Non abbiamo bisogno di alcuna istruzione, forse…

A me piace pensare che insegnare non sia una missione, come qualcuno vuol far credere, ma un mestiere, una professione come tante altre, importante, certo, ma pure tante altre lo sono, e alcune sicuramente di più.
Se la pensi diversamente lascia perdere la lettura, perché tutto quello che scriverò da ora in poi discende da questa premessa.
Ovviamente prima ti spiego perché non si può definire missione l’insegnare, e poi proseguirò.
Io diffido dei missionari, per principio. Non ci credo proprio, per essere chiaro. Nella mia ottica non ne abbiamo bisogno alcuno. Abbiamo sicuramente bisogno di persone serie, di gente impegnata, anche di volontariato, ma prima, sicuramente, di donne e uomini che svolgano sino in fondo il loro dovere. Ho visto troppi pensionati baby definirsi volontari per non pensare molto male di chi smette di lavorare e poi, pagato da noi, fa volontariato. Ma preferisco evitare questa punta polemica, che rischia di depistare dal tema principale.
Il missionario è legato alla trasmissione di una fede religiosa (basta leggere un qualsiasi dizionario, in proposito) ed è esattamente questo che un buon insegnante deve evitare, trasmettendo invece una visione laica e tollerante della vita, non di parte. In tal senso pure chi fa volontariato e insegna catechismo non si può definire a pieno titolo volontario, ma più onestamente un operatore religioso, perché vincola la propria azione ad una visione di parte, non laica. Il vero volontario è laico, non chiude le porte a nessuno. Chi fa scelte diverse opera per mantenere un vantaggio alla propria cultura ed alla propria fede, di conseguenza ne riceve un compenso, seppure indiretto.
Poiché un insegnante deve essere laico, come spiegato, se si spaccia come missionario comincia a diventare pericoloso, perché trasmette valori non di completa tolleranza ed apertura interreligiosa e multiculturale.
In quest’ottica, per diretta conseguenza, nessuna scuola confessionale per me è una vera scuola, ma solo emanazione di una certa cultura, di una parte della cultura.
La sola Scuola degna di questo nome è la Scuola Pubblica Statale. Le scuole paritarie, a gestione privata ed a controllo religioso nella maggioranza dei casi, sono altro. Chi ha studiato in queste scuole dovrebbe essere escluso dalle cariche pubbliche statali, dai ministeri agli assessorati, perché si è macchiato di un peccato originale imperdonabile. Se ha scelto un’istruzione parificata invece di quella statale, per motivi assolutamente leciti dal suo punto di vista, con quale diritto, dopo, pretende di imporre la propria visione sulla scuola statale? Non cito i casi specifici, ma immagino tu ti renda conto che ci vuole molto poco per trovarne a centinaia.

Un buon insegnante dovrebbe avere un orario chiaro, definito, e svolgere tutto il proprio lavoro entro questo orario, esattamente tutto il proprio lavoro intendo, e poi essere libero, come qualsiasi altro lavoratore, oppure dovrebbe ricevere un compenso per le ore di straordinario. Eppure questo non si è mai voluto fare, e nelle funzioni obbligatorie del docente è prevista ad esempio la correzione dei compiti che è semplicemente definita come dovuta, senza un impegno orario chiaro. Il buon insegnante dovrebbe entrare a scuola al mattino, svolgervi tutte le attività previste (incontri e riunioni come previsti dalle norme, aggiornamento professionale, compilazione di verbali e registri, preparazione delle lezioni, incontro con genitori ed alunni oltre le lezioni, preparazione delle verifiche per tutti e personalizzate, lezioni integrative, programmazione con i colleghi per attività interdisciplinari,  preparazione di uscite ed attività extra-scolastiche e così via) e dopo le sei, setto o otto ore previste, andare a casa e non aver più nulla da fare. Si ovvierebbe in tal modo alla facile e superficiale obiezione che chi non fa l’insegnante spesso rispolvera: l’insegnante lavora solo quattro ore al giorno. Come se l’insegnate lavorasse solo quando è in classe.

A chi accusa gli insegnanti di avere la vita facile, al confronto di altre professioni, e di essere in una situazione di privilegio, io dico: Bene, allora fallo tu l’insegnante. Chi te lo vieta?
Io ricordo che la preparazione dell’insegnante è sempre più lunga e costellata di ostacoli, di tappe obbligatorie. Tutti possono intraprenderla. Basta volerlo. Partendo dall’Esame di Stato alla fine delle scuole secondarie superiori si passa obbligatoriamente alla Laurea, e subito dopo ad un corso formativo post laurea per ottenere l’Abilitazione all’insegnamento. Spesso tali corsi prevedono Tirocini Formativi obbligatori. Poi ci possono essere Percorsi Abilitanti Speciali, riservati a chi ha già un’esperienza come insegnante di alcuni anni. Si viene così inseriti in graduatorie di terza, seconda e prima fascia. Col cambio dei governi, nel corso degli anni, si sono create troppe tipologie di aspiranti insegnanti, alcune di queste sottoposte a selezioni anche molto serie, ed ora si parla di Concorsi, che ovviamente riporterebbero al punto di partenza chi studia ed insegna da anni come precario. 
Ultimamente entrano di ruolo insegnanti che lavorano ormai da dieci o quindici anni, se non di più. Una vita da precari, prima di arrivare ad essere insegnanti a tutti gli effetti. Quindi, ribadisco. Se sostieni che gli insegnanti sono privilegiati, accomodati.

Si parla in questi giorni anche delle vacanze. Sono troppe nella scuola. Così pare. Va bene, accetto questa critica. Salvando tuttavia gli studenti, che vorrei evitare di inserire nella questione. (perché il numero dei giorni di lezione è già previsto per legge, e ci sono in molti casi pure corsi estivi, talvolta anche all’estero, con insegnanti che accompagnano e si assumono tutte le responsabilità del caso) 
Io sfido chiunque a fare riunioni efficienti nei mesi di luglio ed agosto, in certe regioni, in locali che spesso sono veri forni e non uffici dotati di aria condizionata. Ma nulla vieta di allungare l’attività degli insegnanti, trovando un loro utilizzo serio che non sia solo di facciata e formale. Attendo di vedere come evolverà la questione.

Per il resto ritengo che insegnare rimanga una cosa bellissima, anche se difficile, e che sia possibile instaurare anche un buon rapporto con i ragazzi (ma non sempre, occorre specificarlo, perché alunni ed insegnanti sono esseri umani, con pregi e difetti). È un lavoro che permette creatività, sperimentazione, entusiasmo. Al posto di missione metterei entusiasmo. Il piacere di fare, non il dovere. Un buon lavoro, svolto perché piace, perché offre stimoli, perché i ragazzi non saranno mai numeri, e che si deve poter lasciare quando finisce la spinta positiva, quando si avverte la stanchezza. Dopo si possono solo far danni.

Alcuni insegnanti non sanno insegnare, non ne hanno voglia, sono stanchi e demotivati. Occorre trovare una soluzione per questi. Una diversa occupazione, che tuttavia permetta loro di passare le esperienze accumulate. Le mele marce andrebbero eliminate, anche con provvedimenti disciplinari, ma io eviterei l’accumulo di funzioni assegnato ai Dirigenti, come se fossero imprenditori che devono curare l’efficienza di una fabbrica.
Troppo potere al Capo di Istituto espone al rischio molto forte di una deriva clientelare o poco trasparente, mentre un controllo assegnato alla Provincia, alla Regione o allo Stato, come è avvenuto sino ad ora, ha mitigato il fenomeno.

Che altro dire? Non lo so. Mi riservo di rispondere a chi avrà la cortesia di commentare queste mie righe, in modo da integrare i temi esposti secondo la sensibilità e gli interessi di ognuno.



                                                                       Silvano C.©

( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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