Quando si comunica si è almeno in due, uno manda il
messaggio e l’altro lo riceve. In una comunicazione bidirezionale, come può
essere un dialogo, un rapporto epistolare, una chat o qualunque altra modalità
che preveda l’alternanza dei ruoli tra chi parla e chi ascolta si tende a
confrontarsi sullo stesso piano. Questo almeno formalmente, permettendo ad
entrambi sia di essere attivi sia di essere passivi.
Ovviamente non esiste necessariamente una posizione completamente passiva, cioè acritica, spugnosa,
anzi, è sconsigliabile averla, perché chi ascolta, o riceve, dovrebbe
rielaborare criticamente il messaggio ricevuto, ed analizzarlo, almeno per due
motivi: prima di tutto per rendersi conto di averlo capito e subito dopo, ma
ancora più importante, per condividerlo o rifiutarlo.
Quando dal rapporto diretto tra due o tra pochi
interlocutori si passa alla comunicazione utilizzata da chi ne fa una
professione, per motivi spesso politici (poiché non si ripeterà mai a
sufficienza che ogni nostra azione è sempre ed anche politica nel senso più
ampio del termine), le cose diventano più interessanti.
Secondo la teoria elaborata da Petty e Cacioppo esiste una
modalità di ricezione del messaggio definita periferica ed una chiamata
centrale.
Nel primo caso chi riceve il messaggio tende ad impegnare in
questa operazione il minimo di risorse cognitive possibili (e probabilmente non
ne possiede neppure tante, a ben riflettere), quindi si limita ad ascoltare ed
a compiacersi di ritrovare ragionamenti comprensivi e facilmente spendibili e
riproducibili.
Nel secondo caso invece il messaggio prima di
essere accettato viene rielaborato e viene sottoposto ad un controllo più o meno
approfondito utilizzando le proprie conoscenze e la propria preparazione.
Diventa quindi evidente, a questo punto, che la tendenza di
chi vuol ottenere consenso sarà quella di calibrare la propria modalità di
comunicazione in modo da raggiungere, nella migliore delle ipotesi, entrambe le
tipologie di riceventi, perché nessuna delle due si può ignorare, in un’ottica
corretta.
Se chi parla pubblicamente tende ad usare soltanto
stereotipi, allusioni che toccano nervi scoperti, metafore offensive e
limitate, cioè, per dirla in altri termini, parla più che altro alla pancia e
solo un po’ al cuore, probabilmente vuole usare semplicemente la modalità
periferica, e tenta, spesso, di nascondere per i propri fini la vera
motivazione del suo argomentare, che è quella di ingannare, di mantenere
nell’ignoranza.
L’atteggiamento opposto è più complesso. Occorre sempre
saper usare un linguaggio comprensibile, non scordare metafore e frasi fatte,
cioè elementi facilmente individuabili e che aiutino il coinvolgimento, e
serve anche arrivare non solo alla pancia ed al cuore, ma anche al cervello.
Chi ascolta in modo critico deve trovare conferme logiche
nell’argomentare del comunicatore, perché altrimenti perderebbe completamente
interesse nei suoi confronti, e sicuramente non si farebbe convincere né lo
seguirebbe.
Ti lascio concludere, a questo punto, con le tue
considerazioni personali riguardo alle trasmissioni televisive, alle
personalità politiche ed al mondo della comunicazione via web.
Secondo me il
discorso così si fa divertente (o preoccupante).
Silvano
C.©
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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