domenica 29 marzo 2015

ma tu come sai ascoltare?


Quando si comunica si è almeno in due, uno manda il messaggio e l’altro lo riceve. In una comunicazione bidirezionale, come può essere un dialogo, un rapporto epistolare, una chat o qualunque altra modalità che preveda l’alternanza dei ruoli tra chi parla e chi ascolta si tende a confrontarsi sullo stesso piano. Questo almeno formalmente, permettendo ad entrambi sia di essere attivi sia di essere passivi.
Ovviamente non esiste necessariamente una posizione completamente passiva, cioè acritica, spugnosa, anzi, è sconsigliabile averla, perché chi ascolta, o riceve, dovrebbe rielaborare criticamente il messaggio ricevuto, ed analizzarlo, almeno per due motivi: prima di tutto per rendersi conto di averlo capito e subito dopo, ma ancora più importante, per condividerlo o rifiutarlo.

Quando dal rapporto diretto tra due o tra pochi interlocutori si passa alla comunicazione utilizzata da chi ne fa una professione, per motivi spesso politici (poiché non si ripeterà mai a sufficienza che ogni nostra azione è sempre ed anche politica nel senso più ampio del termine), le cose diventano più interessanti.

Secondo la teoria elaborata da Petty e Cacioppo esiste una modalità di ricezione del messaggio definita periferica ed una chiamata centrale.
Nel primo caso chi riceve il messaggio tende ad impegnare in questa operazione il minimo di risorse cognitive possibili (e probabilmente non ne possiede neppure tante, a ben riflettere), quindi si limita ad ascoltare ed a compiacersi di ritrovare ragionamenti comprensivi e facilmente spendibili e riproducibili.
Nel secondo caso invece il messaggio prima di essere accettato viene rielaborato e viene sottoposto ad un controllo più o meno approfondito utilizzando le proprie conoscenze e la propria preparazione.

Diventa quindi evidente, a questo punto, che la tendenza di chi vuol ottenere consenso sarà quella di calibrare la propria modalità di comunicazione in modo da raggiungere, nella migliore delle ipotesi, entrambe le tipologie di riceventi, perché nessuna delle due si può ignorare, in un’ottica corretta.

Se chi parla pubblicamente tende ad usare soltanto stereotipi, allusioni che toccano nervi scoperti, metafore offensive e limitate, cioè, per dirla in altri termini, parla più che altro alla pancia e solo un po’ al cuore, probabilmente vuole usare semplicemente la modalità periferica, e tenta, spesso, di nascondere per i propri fini la vera motivazione del suo argomentare, che è quella di ingannare, di mantenere nell’ignoranza.

L’atteggiamento opposto è più complesso. Occorre sempre saper usare un linguaggio comprensibile, non scordare metafore e frasi fatte, cioè elementi facilmente individuabili e che aiutino il coinvolgimento, e serve anche arrivare non solo alla pancia ed al cuore, ma anche al cervello.
Chi ascolta in modo critico deve trovare conferme logiche nell’argomentare del comunicatore, perché altrimenti perderebbe completamente interesse nei suoi confronti, e sicuramente non si farebbe convincere né lo seguirebbe.

Ti lascio concludere, a questo punto, con le tue considerazioni personali riguardo alle trasmissioni televisive, alle personalità politiche ed al mondo della comunicazione via web. 
Secondo me il discorso così si fa divertente (o preoccupante).


                                                                                                                               Silvano C.©

( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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