Una casa è per i momenti felici, mai per il dolore. Se vi si
vive anche nel dolore, situazione sicuramente abbastanza frequente, è
ricordando i momenti felici ed i sogni che tra quelle mura sono stati.
Quando rimangono motivi, legami forti, speranze di
realizzazioni future, magari anche non per noi stessi ma per chi ci seguirà,
allora una casa merita di essere mantenuta, che sia una villa, per i fortunati,
o che sia un semplice appartamento popolare.
Se invece le cose sono mutate, le persone se ne sono andate,
il guscio protettivo si è trasformato in un guscio vuoto, perché mantenere
intatto un filo ad unirci con quel luogo?
Porterà dolore reciderlo, è così, è innegabile, ma dolore ne
porterebbe in ogni caso, anche a volerlo mantenere intatto.
Quando si investe in una casa, quando lo si fa non per una
speculazione edilizia intendo, si investe in affetti, si mette una radice, si
progetta una vita. Poi le cose naturalmente mutano, le persone se ne vanno,
rimane il vuoto, l’assenza.
Pure uno spazio non proprio e semplicemente in affitto non
di rado arriva ad assumere importanza simile, ma in quel caso, alla fine di
tutto, si lascia con un carico emotivo minore, e sembra forse più lieve il
distacco, si avverte che ogni cosa
ritorna naturalmente in circolo perché è giusto che sia così. Sono
sempre le persone che mancano, alla fine, mai le cose.
Se a mancare sono queste è solo per la loro unione
indissolubile con chi le ha vissute, usate, costruite o consumate.
E poi capita che sia una bella giornata di sole, che il
vento si plachi, che la pioggia si allontani, e che la vita riprenda la sua
rivincita.
In quel caso passano per un attimo nella memoria i pensieri
tristi, ma non riescono ad aggrapparsi, anche se alcuni ci provano pure con le
unghie, lasciando graffi. Ma poi scivolano via.
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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