Titolo del monologo: Farsi male
Perché monologo? Risposta aperta.
Di tanto in tanto mi hai spiegato di non farmi male, mi hai dato esempi, mi hai indicato miei comportamenti specifici e ricordo in modo preciso le tue parole, che tu sai quanto mi mancano.
Ti parlo in questo monologo, che definire monologo quindi diventa impreciso. Io sono convinto di non parlare da solo, anche se questa convinzione mi porta a contraddizioni.
Per me è impossibile non farmi male, ed ogni tentativo di raggiungere una qualsiasi forma di benessere comporta un po' di dolore, di rinuncia e di rischio di fare cose sbagliate. In qualche caso arriva il compenso del risultato finale, che giustifica e premia, ma altre volte non arriva nulla, nulla di visibile e tangibile, niente di certo e definitivo.
Quindi capisco il senso del tuo invito a non farmi male, ne sono consapevole, ma è nella mia natura ignorarlo, trovarlo innaturale. Se ti raccontassi che mi affeziono anche ad un portasapone, un misero portasapone di plastica trasparente, e solo perché a quello associo episodi che non voglio perdere cosa mi diresti tu, o chiunque altro? Anche questo è farsi male, significa ancorarsi al passato. E ancorarsi contiene due diverse parole, che possono significare di nuovo oppure fissarsi ad un punto. È solo un fatto di accenti.
Ti racconto ancora solo un piccolo stralcio di una conversazione che ho ascoltato ieri:
- io nella vita ho fatto cinque traslochi, sono tanti, sa…
- ha ragione…
Ma che significa tanti per soli cinque? Tu quanti ne hai fatti molti più di me, che sono arrivato ad almeno nove.
Ecco, niente altro, questo non-monologo finisce qui. Ciao, Viz.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è
nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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