Dopo
gli anni giovanili, durante i quali visse le difficoltà di tutti i suoi
coetanei, anzi, qualcuna in più, trovò la sua strada.
Prima
iniziò allegramente a distruggere ogni muro o muretto che incontrava sul suo
percorso, e non per una qualche sua forma di anarchia, ma semplicemente per il
fatto che camminando se ne sentiva intralciato.
Poi
fu la volta dei castelli. Quando ne vide uno, così bello e isolato su una punta
di roccia, gli fece rabbia. Non per la sua bellezza, perché in fondo la sua
impressione iniziale fu di ammirazione, ma per un profondo senso di malessere
che gli procurava il vedere quella costruzione magnifica dominare distese di
piccole e fangose baracche abitate da una umanità derelitta e passiva. Con un
urlo fece fuggire tutti gli abitanti del maniero, dal signore al più umile
degli stallieri, ed in meno di due ore distrusse quello che ingegneri di guerra
e grandi artisti avevano edificato in anni ed anni di lavoro.
Tutte
le costruzioni fortificate ed imponenti che incontrò da quel giorno in poi
fecero senza eccezione alcuna la stessa fine. Nel giro di pochi anni dove prima
sorgevano queste meraviglie la vegetazione naturale riprese pieno possesso di
ogni spazio.
Da
un certo momento in poi se la prese pure con orsi, lupi e altri animali
selvatici che sbranavano agnelli, capretti e poveri somari. Con loro usò una
tecnica diversa.
Non
uccise mai alcun animale, ma quando qualcuno di questi si avvicinava troppo
alle case ed ai ricoveri costruiti dai contadini lui si avvicinava, lo
terrorizzava con le sue urla inumane e poi urinava tutto attorno, per marcare
il territorio. Nessun orso scese mai più nelle zone dove rimaneva per anni quell’odore
particolare, e nessun agnello venne inutilmente sgozzato da branchi di lupi
affamati. Si trovarono il cibo più in alto, tra i monti, dove solitamente l’uomo
non si spingeva.
Non
sentì mai il bisogno di accoppiarsi con qualche suo simile sino a quando non
vide lei. Non era una gigantessa come lui, ma da subito se ne innamorò
perdutamente. Avrebbe potuto farla sua in pochi secondi, ma il suo sguardo lo
trattenne, e quel viso divenne, poco a poco, lo specchio magico vivente che gli
permetteva di capire meglio il giusto e lo sbagliato.
Dove
si nascosero per vivere ancora oggi rimane un mistero. Sembra quasi certo che
non ebbero figli. Ogni tanto il gigante compariva, faceva sentire a tutti le
sue urla e dava prova di una forza senza eguali. L’enorme regione nella quale
aveva trovato rifugio divenne una sorta di oasi senza guerre, senza inutili
soprusi o violenze, senza eserciti o gendarmi, senza armi o inutili muri. Chi vi
arrivava, a volte per puro caso, poi non se ne andava più via.
Si
racconta che lui non invecchiasse, per non si sa quale strano motivo, ma che
lei invece subisse il tempo che trascorreva, e poco a poco si spegnesse.
Questo
si racconta, perché nessuno lo poté testimoniare direttamente. Quello che
successe però fu visibile a tutti. Il gigante ad un certo punto sparì. Che fine
avesse fatto nessuno fu in grado di dirlo, ma la sua voce non venne più udita
da nessuno (e quando la usava, quella voce, la si sentiva da un estremo all’altro
della valli montane maggiori).
Col
tempo il mondo civilizzato riconquistò come gramigna ogni spazio prima
interdetto. Ricomparvero orsi tra le case ed orde di lupi. Arrivarono eserciti
di paesi diversi a farsi la guerra. Quasi tutti i castelli vennero ricostruiti,
più solidi e moderni di prima. Ed ognuno eresse, attorno alle proprie piccole
proprietà o accanto ai sentieri, un numero enorme di muri di ogni genere.
Silvano C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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