Le città sono un
insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni d'un linguaggio; le
città sono luoghi di scambio, come spiegano tutti i libri di storia
dell'economia, ma questi scambi non sono soltanto scambi di merci, sono scambi
di parole, di desideri, di ricordi. (Italo Calvino)
Rimane
pochissimo ormai della città che conoscevamo, ma Santiago è sempre lì,
sfregiata dalla cicatrice ocra del fiume Mapocho, che cresce e decresce secondo
il rigore degli inverni. (Luis Sepúlveda)
Parcheggia l’auto e si avvicina
alla prime bancarelle. È giorno di mercato e non ha bisogno di nulla ma è
attirato dall’animazione, gli piace ancora essere coinvolto. I venditori sono
infreddoliti, e osservano le tantissime donne che si accalcano attorno alla
merce esposta. Hanno una risposta per tutte, sembra che possiedano occhi anche
alle loro spalle, e lui non capisce come possano controllare che, nella calca,
nessuna possa nascondere velocemente nella borsa una sciarpa o un paio di calze
senza pagarle.
In realtà le esposizioni di
abbigliamento non gli interessano, anche se sono quelle dove c’è più ressa. Guarda
chi propone giochi, e borse, oppure utensili da cucina, e i tanti che vendono
dolciumi, frutta e verdura, o polli allo spiedo, che fanno venir fame anche se
mancano ancora ore al momento del pranzo. Per lui è tradizione ogni lunedì
venire al mercato in Piazza Travaglio, e quando può non manca mai, anche se poi
non compra nulla. Una volta sola, un anno prima, aveva comprato un maglione
come andava di moda, col collo alto, tanto intellettuale di sinistra da
collettivo studentesco, perché costava molto meno di quello offerto nei negozi
in centro, anche alla Upim ed alla Standa. Arrivato a casa, perché aveva
aspettato sino a casa per provarlo, aveva scoperto che aveva due enormi buchi. Non
era solo scucito, ma proprio bucato, in modo irrecuperabile. Era tornato subito
al mercato, ma ormai tutti stavano smobilitando, e la sua bancarella era già
sparita. Per il nervoso, tornando a casa, aveva buttato tutto nel Volano e poi
si era ripromesso di non comprare mai più nulla da vestire in un mercato.
Tornando sui suoi passi vede una
signora anziana, che scoprirà chiamarsi Natalina, portare due pesanti borse con
frutta e verdura. Si offre di darle una mano, e si ritrova ad offrirle un passaggio
in auto, invece di lasciarla alla fermata dell’autobus. Lei abita nella zona di
Porta Mare, sembra, quasi al lato opposto della città, ma non è un problema, a
lui piace guidare e la città la conosce tutta. Arrivano vicino a Piazza
Ariostea, e da lì entrano in una strada che ha visto tante volte ma che non ha mai percorso. Che strano, pensa, eppure ci passo spesso di qua. Continua, lungo via delle Vigne, e ad un certo punto spariscono le case e si ritrova in
campagna. Non ci crede, ma è così. Natalina abita in una vecchia e piccola casa
di campagna, ma in città, dentro la città, all’interno della sue mura. L’aiuta
a scendere e le porta le borse in casa. Rimane con lei a scambiare ancora due
parole, si ripromette di tornare a trovarla, poi la saluta.
Torna ancora, e
qualche volta le porta un regalo, poi lei sembra far capire che non gradisce le
sue visite, e lui smette di andare nella campagna dentro la città.
Molti anni dopo, moltissimi, in
una delle sue vite successive, lui ricorda quei luoghi in parte
rimossi dalla memoria e che non aveva più avuto motivo di frequentare. Per la città il tempo trascorso è quasi nulla, ma quando lui torna in quel
luogo che ricordava magico gli sembra veramente arrivare in un altro periodo
storico. In poco più di 30 anni tutto è cambiato. La campagna aperta è sparita,
ma sono comparsi cancelli e alte siepi. Le case che si possono vedere sono
curate e signorili, e c’è pure una piccola azienda che offre prodotti naturali. È
ancora possibile scorgere qualche angolo di quella che era stata una bellissima
zona agricola fuori dal tempo e dallo spazio, si vede San Cristoforo della
Certosa, ma tutto sembra artificiale, brutalmente invaso. Gli procura dolore
vedere tutto questo, e sembrano falsi i cartelli che indicano quella parte
della città come l’ultimo lembo della campagna ferrarese dentro le mura rinascimentali.
Lui sa che non è vero, e che quella non è più la vera campagna che è stato uno
degli ultimi a vedere.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
C'è malinconia nel tuo racconto e credo di averla riconosciuta,così simile alla mia,nel ricordare quei luoghi dove il silenzio,il tramonto e l'alba si affacciavano sulla campagna che guardavo con mio padre,mentre lui mi raccontava la vita dei contadini fra i campi,le case con il fienile,i divani di stoffa ruvida,la legna ben disposta accanto alla stufa,il tavolo con la tovaglia a fiori e quella povera vita che adesso vale una fortuna per tanta pace che potrebbe trasmettere,a differenza di quella che oggi opprime tra i rumori delle auto,il caos,l'indifferenza,la pochezza di un edificio altissimo che quasi graffia un tramonto e che non assomiglia più a quello che guardavo con mio padre.
RispondiEliminaSono stata al mercato della frutta questa mattina; le bancarelle sono piene di frutti che si mostrano alla gente come fossero volti in cerca di attenzione. Alcuni li sfiorano,altri distrattamente ne guardano il colore,ma pochi ne sentono il profumo o non lo ricordano affatto.
Fra molti che scrivono e che leggo,tu sei quello che meglio arriva in profondità tra i miei ricordi per quanto racconti e per il modo cui spesso descrivi le scene di un tempo andato,eppure così vivo e indelebile nella tua memoria.
Grazie Silvano,è bello leggerti. cinzia.