In matematica, attorno al 1500, qualcuno decise
di accettare i numeri immaginari e di trattarli quasi come tutti gli altri
numeri, i numeri naturali ad esempio, cioè quelli che si imparano tra i primi, da bambini. Con tale accorgimento, seguendo di fatto una via apparentemente poco
logica, si fece un passo avanti notevole nella soluzione di problemi che, sino
a quel momento, sembravano insolubili.
Questo dovrebbe far capire meglio cosa
significa utile o inutile, in tutti i campi, e rendere almeno un po’ più
difficile asserire che il latino non serve, che con la cultura non si mangia o
che l’Accademia della Crusca è un ente inutile (sicuramente immaginario non è,
e per fortuna è rimasto).
La logica che fa diventare importanti
costruzioni immaginarie rende ragione - ed è quello il motivo che mi ha spinto
ad approfondire questo tema - alla complessità.
Oggi ogni cosa è complessa, a volte inutilmente
o furbescamente complessa, ma necessariamente complessa. Ci dobbiamo fidare ed
affidare ad altri sempre con maggior frequenza, non se ne esce.
Da ragazzino potevo raccogliere parole e musica con un
registratore a nastro e capivo abbastanza bene che il suono entrava in un
microfono, ne usciva attraverso due fili, in modo analogico, entrava in un
circuito che non capivo ma poi ritornava di nuovo per arrivare ad un
altoparlante, costruito praticamente allo stesso modo del microfono, solo con
parti di dimensioni diverse. Io questo lo capivo, come capivo il giradischi, la
puntina ed il disco. Ed in effetti con cavetti e spinotti ci facevo molte cose,
non mi facevano paura.
Ora non posso più. Se mi azzardo a toccare qualche
cosa di digitale un software geloso si arrabbia, e mi blocca. Se insisto
rischio di dover ricomprare tutto l’hardware, o di dovermi rivolgere ad un
esperto. Lo stesso vale con l’automobile e le sue innumerevoli centraline, e persino
con le lampadine. Le nuove infatti a volte sono incompatibili con i vecchi
impianti.
In tutta questa corsa alla complessità si
nasconde sempre di più il controllo esterno che, in ogni caso, non possiamo
evitare. E tutti i comuni mortali devono, per forza di cose, conoscere solo una
parte dell’enorme puzzle nel quale viviamo. Nessuno, neppure il meglio
intenzionato e volonteroso, può dire di conoscere completamente la realtà che
lo circonda.
A livello politico, che rappresenta il massimo
della nostra partecipazione sociale, dobbiamo necessariamente fare affidamento
su persone delle quali ci fidiamo per i mille aspetti che noi non potremo mai
approfondire neppure in 10 vite. L’ecologista, ad esempio, non può conoscere
direttamente i problemi dell’assistenza agli anziani, della tassazione dello
zucchero, del consumo di un trattore, della compatibilità degli alimentatori,
delle norme sulla libera circolazione, delle unioni civili, dell’integrazione
dei sinti, dell’uso e delle funzioni di una smerigliatrice industriale, del
vantaggio o meno di aprire una nuova farmacia a meno di 500 metri di una già
esistente e, in fondo, neppure di come si può riparare un paio di scarpe.
Lo stesso poi vale non solo per l’ecologista,
ma per ogni declinazione possibile della parola cittadino.
Io uso un PC, so che spingendo alcuni tasti
ottengo un certo risultato, molto oltre non vado, con grande gioia della mia
assistenza tecnica che di tanto in tanto ha il piacere di vedermi. Ed il PC
non è una cosa immaginaria, non penso neppure che dentro ci siano nanetti
che lavorano molto velocemente. A me basta che esegua i comandi per le mie necessità,
sperando che non lavori troppo a mia insaputa.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti offensivi o spam saranno cancellati. Grazie della comprensione.