Partendo da Italo Calvino viene naturale
immaginarsi città come Ipazia ed Armilla, esistenti, non esistenti, esattamente
come Fedora e Teodora, e tutte le altre.
È un gioco, un esercizio, una simulazione vera,
un gioco a incastro e un modo di vedere regole in modo nuovo, o nuove regole,
non so esattamente.
In fondo pure il sogno di un bambino immagina
realtà invisibili che restano però visibili per tutto il tempo del sogno.
Ora pensa di avere il potere di immaginare
la città del futuro, ma un potere vero, perché la città che immaginerai si
realizzerà, molti anni dopo, pezzo dopo pezzo, non esattamente così, non del
tutto, certo, ma si realizzerà.
Se lo immagini, allora forse puoi pensare ad un
uomo, a Ferrara, che vide la città com’era, nel 1700, e immaginò come avrebbe
potuto e dovuto essere.
Fu così visionario nel suo sogno da vedere
praticamente gli incroci tra le vie, i palazzi che vi avrebbero dovuto essere, e
i giardini, e li costruì incidendoli e poi stampandoli. E convinse talmente i ferraresi, dopo di lui, che questi si lasciarono sedurre, e costruirono
la città che lui aveva immaginato.
Dalla città invisibile alla città del silenzio,
in fondo, il passo è breve.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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