Colleziono, e non credo ai teorici che “tanto
le cose che contano le portiamo sempre con noi, non serve riempirci le case”, e
che di questo fanno una professione.
Non ci credo per una serie di motivi personali,
anche se non mi costa nulla ammettere che alcuni sono magari sbagliati.
Se avessi una grande casa sarebbe probabilmente
piena, ma ho una casa piccola, oltretutto invasa da cose che dovrebbero
occuparne una seconda, attualmente non utilizzabile, quindi è ovvio che per
certi versi se non volessi conservare un po’ di tutto ora avrei più spazio per
vivere. La mia tuttavia è una situazione che mi auguro temporanea, mentre non è
così la motivazione che mi spinge a raccogliere ed a non buttare.
Distinguerei poi tra gli effetti della
pigrizia, con il riordino carente che ne consegue, e la scelta cosciente. A volte
gli effetti si sovrappongono, e non si distinguono. In breve avrai capito che
nel mio caso mi trovo di fronte alla concentrazione micidiale di tre eventi, e
mi è difficile agire, per ora. Del resto è pur sempre una scelta, quindi non voglio
accampare giustificazioni. Se potessi non butterei mai nulla.
In occasione dei traslochi tutto questo diventa
evidente, e mi è altrettanto facile vedere di cosa disfarmi quando non sono
coinvolto io, ma questo immagino capiti a tutti.
Io non so buttare un pezzo di legno, qualche
vite, barattoli di vetro, appunti e fotocopie, libri, videocassette e dischi
LP. Neppure cestini dove stavano cioccolatini, o parti di oggetti usati per
illuminazione. Anni fa ricordo che con alcuni di questi assemblai una specie di
fiore liberty completo di vecchia treccia, interruttore e lampadina, il tutto ovviamente
funzionante ed apprezzato dall’amico al quale lo regalai, un po’ per scherzo ed
un po’ sul serio. Un barattolo di vetro riciclato mi va benissimo al posto di
quello firmato che dovrei comprare nuovo per conservare alimenti o conserve. Una
piccola tavola di multistrato mi serve per riparare ogni tanto qualche cosa in
casa. Su appunti e fotocopie ci ho lavorato una vita, ed ancora possono essermi
utili. Se voglio mi vedo ancora un vecchio film su videocassetta. Possiedo un
giradischi, ed è solo la pigrizia che mi impedisce di risentire Lucio Dalla
cantare Un’auto targata TO. Perché dovrei disfarmene?
Non continuo (e potrei farlo per giorni), ma
ammetto che potrei buttare invece alcuni vecchi abiti (assieme ad altre cose),
e che non lo faccio solo in attesa di farlo, in futuro. A volte ovviamente non
trovo cose che mi servirebbero, è naturale, ma poi mi perdono, e mi giustifico.
Del resto non potrei mai partire senza nulla e
comprare tutto sul posto. Non concepisco la vacanza in questo modo. Sento il
bisogno di toccare cose mie, alle quali ho associato affetti o anche solo
ricordi.
Se fosse vero che non abbiamo bisogno di quasi
nulla per vivere perché comprare case, o conservare fotografie? Perché poi
ricordare i nostri dove sono sepolti? Perché pensare alle vittime dei nubifragi
ed alluvioni che hanno perso ogni cosa dopo una calamità naturale? Non c’è
alcun bisogno di pensare a loro se ogni cosa che hanno perso era superflua, no?
Non credo a chi teorizza, in questi casi. Credo
solo all’amico che mi parla, che mi spiega che una cosa serve tenerla mentre
all’altra si può rinunciare, e non seguo chi ne fa una professione, come ho
detto. Quando mi sento mancare le cose, è il momento nel quale mi è più difficile
disfarmene, ed allora le colleziono. Oppure è il segno, credo, di una fame
antica, di una carenza passata che ora devo colmare, esattamente come chi in
gioventù non aveva da mangiare a sufficienza e poi, da adulto, è diventato
goloso di ogni cosa. La vita è una condizione patologica, credo, incurabile,
sino alla sua fine.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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