Che fai a capodanno?
Come che faccio? Non lo
so.
Io e Davide andiamo a
Merano, si cucca, ci sono le tedesche. Zichi zichi zichi. Vieni?
Ma come si fa scusa, è
il 27, avete prenotato?
Non serve, è pieno di
alberghi e pensioni, non saranno mica pieni tutti, no?
Nello e Davide non fanno parte del suo giro
solito, uno già lavora, con la società dei telefoni, e l’altro frequenta a
Bologna, ma di lui si sa solo che quando beve dice enormi idiozie, che ha le
mani sempre sudate e che nessuno lo ha mai visto con una donna.
Paolo va ultimamente a trovare Nello, fanno
grandi discorsi di politica e di musica. A casa sua non si può non parlare di
capitalismo, di Marx e della musica francese d’autore. Ha un debole per Edith
Piaf e possiede tutti o quasi i suoi dischi ma zero, o quasi, senso
dell’ironia. La cosa è evidente e questo gli permette di sentirsi sempre su un
gradino superiore. Non è poco, considerando la sicurezza di Nello nella
soluzione di aspetti pratici della vita che lui non ha ancora affrontato. In
fondo è autodifesa psicologica. Una cosa che però non sopporta assolutamente,
ed abbozza per non aprire discussioni, è quando lui, con un sorriso tra l’ebete
ed il volpino fa: “Zichi zichi zichi”,
alludendo a quello che vorrebbe fare con una donna.
Quando viene fuori la storia di Merano è
spiazzato. Di fare il terzo non gli va, e non si trova del tutto a suo agio con
Davide; non sa mai che dire o come comportarsi. Prova a coinvolgere Marco,
l’amico che vede più spesso ed al quale è maggiormente legato. Lui già conosce
gli altri due avendo giocato assieme ad entrambi nella stessa squadra di
calcio, quella della Polisportiva del Sacro Perdono.
Anche Marco non ha impegni, e la possibilità di
andare a Merano si concretizza rapidamente. Del resto con Panis Panis Marco si è sempre divertito, quindi la cosa non capita
a sproposito. (Nota. Nello Pane è soprannominato da loro due Panis Panis, alla latina. È normale che
tutti abbiano un soprannome, del resto.)
In 24 ore tutti preparano le borse, e la
mattina del 29, prestissimo, due Fiat 500 munite di catene a bordo e cariche di
ormoni che fingono di pensare ad altro partono da Modena con un sole
spettacolare che non sembra neppure dicembre. L’autostrada è aperta da poco, ma
costa, e quindi scelgono la viabilità normale. Ogni paese deve essere superato passando
per il centro, sino a Mantova e poi oltre, ma da quel punto in avanti diventa
una vera spedizione, lontana dai soliti itinerari.
I soldi sono pochi, non si sa quanto servirà a
Merano, e attorno a mezzogiorno fanno una sosta per mangiare i panini preparati
il giorno prima in uno spiazzo tra Ospedaletto e Domegliara, provincia di
Verona.
Le ore passano veloci con l’autoradio, una
ricchezza che Paolo non si può concedere e le notizie offrono spunti per
discutere di ogni cosa, quindi gli piace quando si prende l’auto di Marco. Loro
seguono la 500 con Nello e Davide, preferiscono che siano loro a decidere la
strada. Già ad un incrocio i due battipista hanno sbagliato, aggiungendo almeno
dieci chilometri per una scorciatoia alla Panis
Panis, ma in fondo non hanno fretta, e Merano prima di sera sarà raggiunta,
in ogni caso. Infatti, neppure mezz’ora dopo, inizia a nevicare. All’inizio
sembra solo polvere che cade dal cielo ma poi, arrivando al paesino di Peri, la
neve cade più sicura, con fiocchi belli e abbondanti, anche se ancora non
sembra intenzionata a fermarsi sulla strada.
Nessuna preoccupazione, ma molta eccitazione
per la novità. La neve fa sempre allegria.
Prima di Avio bisogna mettere le catene.
Incredibile. La mattina c’era il sole, ora una tormenta di neve. Accostano e
iniziano l’operazione. Nello ha catene nuove, e le monta in fretta. Marco
invece le ha recuperate tra quelle usate del padre, e sono arrugginite e
intricate. Impiega un po’ a separarle e poi a predisporle per montarle. Durante
l’operazione con una pinza si aiuta per fare agganciare due parti che non ne
vogliono sapere. La presa gli scappa, visto che ha le mani gelate, e si
colpisce con l’attrezzo poco sotto l’occhio sinistro. A Paolo sfugge una risata
ma rischia di farsi colpire da un sasso che Marco gli tira, stizzito. Intanto
il tempo passa e finalmente riprendono, molto più lentamente, il viaggio. Ora
tutti iniziano ad aver fretta di arrivare.
Rovereto, Trento, San Michele all’Adige,
Salorno, Laives, Bolzano, Terlano e, finalmente, Merano. Sono quasi le otto di
sera. Viaggio lento, a bassa velocità per le catene tenute montate a lungo. Sono
affamati. Hanno freddo e la neve ha già formato cumuli quasi ovunque. Chiedono,
entrando in alcuni bar, se ci sono pensioni o stanze abbordabili, perché
ovviamente gli alberghi hanno prezzi inarrivabili. In un momento di
disperazione Paolo ha la geniale pensata di suonare anche ad una canonica, per avere
indicazioni, sentendosi un po’ pellegrino, di nome e di fatto. Ora, dopo anni,
non ricorda più la risposta del parroco che si affaccia un po’ stupito alla
porta. Comunque alla fine trovano due stanze, in periferia, oltre l’ippodromo.
Per quella sera le tedesche dovranno aspettare. Quando si mettono a letto si
addormentano in fretta, ed è quasi mezzanotte.
Il 30, di buon mattino, vanno verso il centro,
a piedi, ed è difficile per loro passare inosservati con l’abbigliamento
improbabile che indossano, ma non se ne rendono conto mentre guardano le
vetrine e la fauna locale. A tutti viene il dubbio di essere le persone
sbagliate nel posto sbagliato, ma nessuno ha il coraggio di ammetterlo. L’età media
di chi incontrano è decisamente alta. Molti parlano, come è ovvio, in tedesco, e
manca l’atmosfera che avevano immaginato da riviera romagnola o da appennino
modenese solo più nordica e allettante grazie alle bellezze teutoniche. Magari queste
avranno fatto le ore piccole ed ora staranno riposando, è chiaro che è così. Ed
il volpino ripete con aria furba: “Zichi
zichi zichi”.
L’alloggio costa abbastanza quindi anche il
pranzo di mezzogiorno è a base di panini consumati nelle stanze della pensione
Pilcherhof. Hanno comprato pane scuro e affettato che sembra ottenuto da un
grosso wurstel, giusto per assaggiare prodotti locali.
Nello, che conosce la vita, spiega che il
pomeriggio è inutile andare in giro. Le donne a Merano escono solo la sera, e
vanno nei locali (“Quali?” pensa Paolo, visto che non ne hanno visto nessuno).
Concordano di prendersi qualche ora libera sino alle sette, dopo si metteranno
eleganti e inizieranno la caccia. Paolo e Marco decidono di fare di nuovo un
giro in centro, verso le tre.
Il centro è bello, ci sono portici, anche molti
edifici dall’architettura tipica, colori e suoni da feste invernali, ma pochi
giovani. Sembra che il posto sia frequentato da pensionati, in abiti tirolesi,
molti con cappotti verdi quasi tutti uguali. Ma donne niente, solo rare
coppiette che decisamente a loro non interessano. Paolo si rende conto quasi
con sollievo della cosa, non gli andava di mettersi a caccia di ragazze come un
gatto in calore. Non si sente tagliato per quel ruolo, e scherza con Marco,
molto più filosofo e sicuro di lui, che prende quei giorni come una vacanza tra
un esame e l’altro. Quello è lo spirito giusto, capisce, e decide che sarà
così.
Verso le sette tutti nella stanza di Nello e
Davide, gran consulto prima di uscire. Stasera puntata esplorativa prima del 31
alla ricerca di qualche locale adatto per la caccia. Sono finalmente pronti, e si parte. Del resto son venuti per quello, no?
Una pubblicità parla di un gran veglione presso
un hotel che non è ben chiaro dove sia, ma fuori Merano. Sembra tutto prenotato. Ci
sono birrerie, pizzerie e ristoranti, però di posti come discoteche o locali come
loro immaginano niente. Le luci natalizie, che sarebbero pure allegre, sono
specchietti che attirano le fantasie senza offrire nulla. Il grande abete in
una piazza, pieno di ghirlande illuminate, è freddo. Tutti quelli che passano
sembrano diretti da qualche parte, ma anche seguendo un gruppo di persone con
ragazze che ridono e scherzano a voce alta, come ad un certo punto decidono di
fare, li fa arrivare alla fine davanti al portone di un grosso palazzo che si
supera solo dopo aver suonato al campanello giusto.
La serata si conclude in una pizzeria, che la
sera dopo, si sono informati, non accetta prenotazioni dopo le 22. Da quell’ora
entra solo chi viene per il brindisi di mezzanotte. Nello è al limite della crisi di
nervi, e Davide gli fa da spalla, senza idee, solo con occhi tra lo spiritato
ed il deluso. Poi il primo si alza, e tutti pensano che dopo l’enorme birra che
si è bevuto sia andato in bagno. In realtà quando torna ha un sorriso a 56
denti, riattacca con “Zichi zichi zichi”.
Ha scoperto che a Merano ci sono feste negli
alberghi, e molti aprono anche a chi non è ospite, per l’ultimo dell’anno. Non racconta
come ha avuto l’informazione, ma spiega che ci sono almeno tre hotel dove ci
sono tanti turisti, e vuole subito uscire per vedere come ci si arriva e come
si presentano.
La spedizione ora ha un obiettivo. Stabilire una
graduatoria di mete raggiungibili e piene di occasioni solo per loro, pronte ad
aspettare i 4 che arrivano dall’Emilia per castigare le ignare e libere
tedesche. Le mitiche donne che non sono cresciute con la nostra limitata educazione,
loro sono tutte bionde e senza problemi.
Il primo è il Bristol, a nemmeno 300 metri. Ha una
specie di taverna, alla quale si accede da una stradina secondaria dopo essere
scesi di 8 gradini con una guida rossa ed oro. Entrano, ed il locale sembra una
specie di grotta, è pieno di fumo, ci sono alcune coppiette che ballano e le
luci sono basse. In realtà è un bar con una piccola pista da ballo ed un
impianto stereo che spara musica oltre il sopportabile. Hanno visto abbastanza,
e quando la barista in costume tradizionale chiede cosa desiderano loro stanno
già imboccando di nuovo la porta per uscire, quindi salutano e Marco le spiega
che stavano cercando amici e si scusa, ma ora devono andare.
Il secondo locale che vedono è il Saltzstar,
pure quello sotto un albergo dal nome impronunciabile. Viene subito scartato perché
malgrado le informazioni avute prima dell’ingresso ha un chiaro divieto di
accesso per chi non è ospite dell’albergo. Il terzo posto sembra essere un
salone delle feste interno, pure quello quasi certamente ad uso esclusivo dei
clienti. Niente di grave, in ogni caso. Il primo va bene…e la sera dopo ci saranno
certamente vita e movimento.
Fanno due passi, ancora, poi il gelo si fa
sentire. Non è il momento di passeggiare con la temperatura sottozero e le
scarpe inadatte alla neve ed al ghiaccio. La serata si può dichiarare conclusa.
La mattina del 31 Paolo convince Marco ad
accompagnarlo a Bolzano. Salutano gli altri due e si danno appuntamento per il
pomeriggio. Partono. Paolo conosce in città una compagna di corso, ha avuto il
suo indirizzo, una visita le farebbe certamente piacere, e sotto sotto lui da
mesi ci fa un pensierino.
Arrivano presto alla periferia del capoluogo
altoatesino, si perdono con i sensi unici ed i divieti di accesso, trovano un
parcheggio lontanissimo ma alle dieci spaccate suonano al campanello della
famiglia Pedrotti. Lei, Patrizia, li accoglie sorridente e stupita, non si
aspettava di vedere il suo compagno l’ultimo dell’anno a casa sua. Li fa
accomodare in sala mentre i genitori si eclissano. Lei è un vulcano e racconta tutto
quello che ha fatto durante quelle vacanze, chiede cosa ci fanno loro in Alto
Adige, cosa faranno la sera, e spiega che tra poco lei esce col suo ragazzo (Ha un ragazzo, non lo sapevo, pensa
Paolo), che è stata felicissima ma che ora deve salutarli.
Alle dieci e mezza sono in strada, uno un po’ più
deluso dell’altro, ma decidono di vedere via Portici e piazza Erbe, che sembra
siano molto caratteristici. Si mangiano un paio di wurstel con senape ed un
piccolo panino con la superficie tutta piena di semi, in piedi, ad un
baracchino acciaio e vapori. Comprano un paio di cartoline, ma non vendono
francobolli. Guardano le vetrine, poi decidono di tornare.
I preparativi sono meticolosi. Nello e Davide
ci tengono, Marco li consiglia su come mettere la cravatta, li convince che è
un particolare essenziale, Paolo osserva e non dice nulla. Segretamente spera
che la serata si concluda in fretta. Escono mentre arriva implacabile il ”Zichi zichi zichi” di Nello, e si
dirigono verso la pizzeria della sera prima. Non è il caso di arrivare troppo
presto al locale, inoltre occorre aver finito di cenare prima delle 22.
Sono allegri, ognuno per motivi suoi, e la
pizza con una grossa birra aiuta a migliorare l’umore. Restano seduti sino a
quando viene loro spiegato che devono lasciare il tavolo. È arrivato il
momento.
Arrivano alla taverna del Bristol senza fretta,
e prima di entrare vengono piacevolmente accolti dalla musica e dalle risate
che si sentono fuori dal locale. Nello è il primo che apre la porta, seguito
dagli altri tre. C’è animazione, e tante donne, anche alcune in gruppo da sole,
senza maschi di scorta. Nello guarda gli amici con l’aria di: che vi avevo detto? Si trovano un posto
a sedere, mentre si guardano attorno. La
musica è veramente forte, ma in quel momento è perfetta. Una cameriera si
avvicina e poi se ne va con l’ordine di due grappe al mirtillo e due
stravecchi. Dopo meno di dieci minuti Nello e Davide si alzano e si avvicinano
al gruppo di ragazze che sta seduto a poca distanza da loro. Restano un po’ in
piedi, poi si siedono su due sedie libere; sembra che la serata prometta bene. Paolo
li guarda incuriosito, chiedendosi se non sia il caso di alzarsi a sua volta, e
magari convincere anche Marco a seguirlo.
Sta quasi per farlo, mentre tenta di parlare
con l’amico e non riesce a spiegarsi perché la musica è veramente molto forte,
quando i due della spedizione tornano sui loro passi, abbastanza scuri in
volto. Aspettano loro amici, ci hanno
detto che non possono stare con noi è la spiegazione che arriva con difficoltà,
tra le note.
La serata è finita in quel momento. Ogni ragazza
in realtà o sta con qualcuno o aspetta qualcuno. Si guardano attorno, sono gli
unici con l’aria da cani bastonati. Paolo guarda l’orologio. Le undici meno
venti. Si raccontano qualche stupidaggine, mentre chi sceglie i brani musicali
li delizia con la musica germanica da discoteca più di moda. Paolo guarda l’orologio.
Le undici e un quarto. Ad un certo punto parte un pezzo che sembra italiano,
Rosamunde, lo canta la Ferri, ma in quella taverna, nel profondo nord, ha una
musicalità diversa. Chissà se anche un paese del nord ha un suo sud? Le coppie
ballano, molti ridono, loro si guardano, e Nello fa capire, in modo chiarissimo:
qui non si cucca. Paolo guarda l’orologio. Mezzanotte meno dieci. Passa di
nuovo la cameriera e chiede se vogliono brindare. Li invita al bancone, mancano
pochi minuti. Marco fa una battuta che nessuno capisce, ma lei sorride. È l’unico
che, quella sera, riesce a comunicare con una donna in modo rilassato. E la
ragazza sembra capirlo perfettamente. Per Paolo resta un mistero come l’amico
sappia cavarsela in certe situazioni.
La musica si interrompe, inizia un conto alla
rovescia, poi partono alcuni tappi, col botto, vengono serviti dalla ragazza al
bancone e brindano, tra loro, senza molta allegria. Rimangono ancora un po’,
neppure sanno quanto, poi pagano ed escono. Marco saluta la cameriera, con un
cenno, ma non sembra avere intenzione di fare altro. Fuori il freddo è
micidiale e piano, per non scivolare sul ghiaccio, ritornano verso la loro
pensione. Domani li aspetta il ritorno, i pochi giorni altoatesini di grandi
avventure e pazzie sono finiti.
Nello, poco prima di salutare gli altri due che
stanno per entrare nella loro stanza, conclude che: Era meglio a Moena, lì si cucca, ci sono le piste.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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