Con l’avvento della stampa a caratteri mobili
di Gutenberg e la fine del lavoro (durato secoli) degli amanuensi alcuni
sicuramente pensarono fosse scandaloso che un testo si potesse trovare riprodotto
quasi senza che la manualità umana vi lasciasse il segno della sua
imperfezione, a prova dell'originalità ed unicità di ogni singolo libro.
Il vantaggio portato dal metodo però vinse le
resistenze, e così un nuovo modo di diffondere la cultura iniziò, poco a poco,
a modificare abitudini stratificate.
Oggi, su un piano diverso, avviene un processo
analogo legato agli oggetti.
È da moltissimo che si produce in serie ogni
genere di cosa, e non servono esempi per spiegarlo. Pure l’arte viene
riprodotta così, a volte con pezzi numerati e firmati, altre senza neppure
questo apporto minimo dell’autore.
Però toccare con mano una nobile tavola di
legno massello scolpita con fregi geometrici, motivi floreali o altri soggetti
e sapere che non è stata la sgorbia mossa dalla mano dell’artigiano o dello
scultore ma uno strumento meccanico controllato da un cervello elettronico fa
un certo effetto.
Praticamente ora io potrei avere il mio busto
in legno, o in marmo, dopo essermi fatto scannerizzare, e sarei libero di farlo riprodurre
in moltissime copie. Al solo pensiero non so se ridere o piangere, ma è
perfettamente fattibile; è solo un problema di risorse economiche e volontà.
Le stampanti 3D producono per addizione,
partendo da un modello da copiare, e possono usare ogni tipo di materia
plasmabile a solidificazione veloce, come resine e plastiche particolari,
cemento e pure metalli, se predisposte per quelli. Allo stesso modo si può
procedere per sottrazione, cioè partendo da un blocco di marmo o da un tronco
di legno, soltanto usando non una stampante ma una macchina che scolpisce.
Il risultato finale è una porta o una testiera
del letto che in tutto è simile a quella prodotta da un artigiano del legno, ma
non è la stessa cosa. È una copia perfetta, ma non è originale. È la perfetta
imitazione dell’originale, ottenuta da un tecnico che magari di legno non
capisce quasi nulla, e non distingue un’essenza da un’altra.
Tutti potremo avere in casa la copia di una
sedia o di un tavolo del settecento, se ne avremo desiderio e se vorremo imitare
chi si può permettere i pezzi originali.
Io però, a questo punto, confesso che
preferisco un mobile anonimo, non pretenzioso, solido e funzionale. Magari pure
messo assieme da me, in legno di larice, oppure in nobilitato, se mi
trovo meglio con quello.
Passeggiando e osservano le vetrine mi chiedo
quanto manca ancora prima che trovi, a guardarmi dall’alto in basso, non un
manichino anonimo qualsiasi, ma lei, la divina, la donna dei miei sogni, che mi
farebbe arrossire se mi guardasse così. Fosse pure in copia.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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