Passammo su quel ponte prima che la guerra lo distruggesse, un ponte che metteva in contatto ortodossi e musulmani, che resisteva da secoli e che io associai a lungo a dolci troppo dolci per poterli apprezzare veramente. Lo vedemmo in uno dei nostri numerosi viaggi verso est, viaggi mai più ripetuti. Poi quel ponte venne abbattuto, e qualche anno dopo ricostruito. Leggo adesso che la guerra potrebbe ritornare ancora e abbatterlo, per la seconda volta in pochi anni. La tua assenza mi basta e avanza, non ne cerco altre, solo registro in parte quello che mi avviene attorno perché, malgrado tutto, sopravvivo immeritatamente. E tento di ricominciare a raccontarti cose dopo alcuni giorni di torpore e sonnolenza. Il ritorno mantiene qualcosa di doloroso e allo stesso tempo di necessario, irrinunciabile.
Oggi ho abbassato il volume di due enormi casse acustiche che trasmettevano musica inascoltabile infastidendomi. Mi è bastato avvicinarmi ad una semplice consolle che pensavo non sorvegliata e ruotare leggermente un piccolo cursore. Mi hanno sgridato, mi hanno detto che bastava chiedere. Ho ribadito che lo avrei fatto, se avessi visto qualcuno vicino, e che la musica mi assordava. Il volume è stato rialzato, ma non come prima. Magari avevo torto, ma forse non del tutto. Ciao, Viz.
Silvano C.©
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