Scorda gli abiti bianchi della decadente morte a Venezia, rivisitata e confermata capolavoro anche cinematografico, e scorda pure i presagi molesiniani, sempre legati a tempi ormai finiti di un mondo altro, distaccato, elegante, minato alle basi da debolezze inconfessabili ma affascinante, essenza ed apparenza fuse inestricabilmente.
Dimentica quel tempo legato alle ultime
illusioni prima del baratro; non l’ho conosciuto, non intendo parlarne qui. Mi
sarebbe stato lontano e mi avrebbe escluso anche se fossi vissuto in quegli
anni.
Sarei maggiormente attratto dalle atmosfere
più esplicite di Genet, ma per quelle non ho la stoffa, e le indiscutibili inclinazioni
alla perversione sono frenate dall’insicurezza e dalla mancanza di coraggio,
dalla settorialità delle tendenze e delle deviazioni. E poi non sono
villeggiatura, queste ultime, ma a volte vera a propria prigione.
La villeggiatura che vagheggio credo di non
averla mai vissuta secondo i crismi classici della medio-bassa borghesia, ne
ho solo respirato le atmosfere. Le pensioni e gli alberghi della riviera
emiliano-romagnola, i riti immutabili, le amicizie estive rinnovate di anno in
anno, a volte gli amori. Però i tempi lunghi quelli sì che li ho vissuti. Non ci
si muoveva per pochi giorni, in quegli anni, non si guardava il meteo, si
prenotava, se era necessario, anche con mesi di anticipo, e prima si andava
direttamente sul posto, o si telefonava se la località e la sistemazione scelta si conoscevano già. Addirittura
si usava la vecchia e cara posta, quella che prevedeva carta, busta, indirizzo
e francobollo, buchetta delle lettere o ufficio postale. Oltre ai portalettere,
ovviamente, rigorosamente delle Poste Italiane.
Se pioveva o il tempo era brutto, in villeggiatura, era l’occasione per fare altre cose
ugualmente piacevoli e sostitutive del bagno in mare: giocare a carte con amici
oppure leggere di tutto, uscire per un breve giro ripetuto mille volte attorno
ai soliti quattro ritrovi, ad ascoltare sempre quei dieci o quindici brani
musicali che dopo, in autunno, sarebbero rimasti più a lungo dell’abbronzatura
a ricordarci le tristezze e le risate dell’estate, con la nostalgia ed il
piacere di ritrovare anche la propria consolatoria nebbia.
È durata un attimo, quell’estate, poi si è
trasformata in qualche cosa di diverso, nella sete del viaggio, nella
spedizione sempre più a sud, nel bisogno di novità e di nuove scoperte. Ed è
tutto finito, il giocattolo si è rotto, spezzato da me stesso quando lo tiravo
verso quei luoghi ideali dei primi anni e contemporaneamente verso lidi sempre
nuovi. Quello che è stato non sarà mai più, non lo volevo ammettere, ma ora lo
so, e non rimpiango troppo quei tempi, ma quello che ero. Sono stato fortunato,
devo ricordarmelo sempre, quando mi viene la tristezza e vedo quanto di più
bello e più interessante hanno fatto gli altri. Ora nessuno pensa più alla
villeggiatura, e quel vocabolo probabilmente anche Goldoni lo eviterebbe se dovesse
prenotare un viaggio on line last minute.
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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