Leggere sempre, leggere soltanto, leggere libri importanti,
indiscutibili o discutibili ma essenziali per la comprensione del mondo, che
siano saggi o romanzi o poesia o altro ancora, anche fumetti o libri usa e
getta. Vivere per interposta persona, vivere mille vite altrui, dove l’umanità
si confonde in una forma indistinta e confusa, perché così è l’umanità, divina
e demoniaca allo stesso tempo, assolutamente non definibile. Filosofi ci
provano da millenni, ma restano sempre alla sua crosta, sfiorano il mantello ma
del nucleo propongono solo ipotesi, smentite o integrate o aggiornate dai
filosofi che li seguono, anni, secoli o millenni dopo. È un po’ come ascoltare,
ascoltare soltanto, assorbire come spugne le parole degli affabulatori, dei grandi
narratori, della nostra tradizione orale interrotta, ma che in popolazioni
altre è ancora essenziale (basti pensare alla cultura sinta e rom. Quelli che
noi definiamo zingari con disprezzo e vivono tra di noi sono portatori di un
mondo diverso, parallelo, che non intende integrarsi, non può farlo senza
perdere la sua identità).
Scrivere soltanto, a testa bassa, esprimendo prepotentemente
sé stessi, usando il proprio ego come misura del mondo. Essere miopi nei
confronti delle parole scritte o pronunciare dagli altri, praticamente non
ascoltarle né leggerle, come succede quando due persone parlano
contemporaneamente durante una conversazione telefonica. Nessuno ascolta l’altro
ma segue esclusivamente il filo del proprio ragionamento; per ascoltare occorre
anche tacere. Oppure dare lezioni dalla cattedra,
trasmettere soltanto e non ricevere, come un televisore quando è acceso.
Quale scegliere tra le due posizioni estreme, ammesso che esistano
esemplari umani che rientrino a pieno titolo esclusivamente in una delle due?
Il titolo del post sintetizza esattamente la risposta che cerco: equilibrio.
La diversità individuale potrà portare a prediligere una
modalità o l’altra, è evidente. Una stessa persona nel corso della vita muterà
atteggiamento, magari più di una volta.
La variabilità è una ricchezza nella nostra società. Non siamo una monocoltura di
mais o di patate, ma una foresta, almeno un bosco, o, se proprio non è
possibile altro, un campo, meglio se abbandonato, dove cresce un po’ di tutto,
e dove la natura poco a poco tende alla sua perfezione ecologica, il climax.
L’umanista che non sono potrebbe dire altro, con maggior
cognizione di causa, e intanto leggo chi sa citare autori che non conosco, ne
subisco il fascino e provo ammirazione. Io, in parte, fui attratto o distratto da mille altri stimoli,
e provai vera soddisfazione quando da artigiano vidi oggetti, non certo
perfetti, nascere dalle mie mani.
Non leggerò mai abbastanza, né scriverò mai abbastanza.
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
Leggere ti riempie il cuore di gioia, vivi intensamente la storia, qualsiasi sia e se importante l''autore o ci piace perché intravediamo qualcosa di noi stessi allora apprezziamo ancora piu', alla ricerca di novità belle che scopriamo solo alla fine della lettura.
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