domenica 16 febbraio 2014

Radici, campanili ed odio etnico


Ecco, questo è il tema che ho scelto della terna che avevo a disposizione.
Le altre due proposte erano: “Descrivi le tue vacanze” e “Palingenesi nell’orto biologico”. Praticamente non avevo alternative. Ed ora passo allo svolgimento.


Scusa l’incipit, ma l’argomento mi interessa, da molto tempo, diciamo decenni, quindi ho avuto tempo di sedimentare alcune idee e di mutarne altre. Il fatto che la mia memoria mi riporti ai luoghi dove sono nato o dove ho vissuto la mia infanzia, che mi faccia ricordare con gratitudine alcuni miei maestri, alcuni amici, alcuni angoli o ambienti è assolutamente positivo. Senza il mio passato non sarei quello che sono ora, allo stesso modo in cui un popolo senza ricordare la sua storia e da dove viene è destinato a perdersi, ed una nazione, senza trovare una sua ragione comune, condannata a dividersi. Il mio dialetto, la mia lingua, le mie letture e i miei studi, l’accoglienza che ho avuto, o i rifiuti, i successi e le delusioni, tutto mi ha legato indissolubilmente. Poi, per lavoro, sono andato altrove, la scelta mi è costata, non l’ho ancora sedimentata, ne ho solo preso atto. Ho visto e conosciuto altro, altri campanili ed altri castelli, simili ma non uguali. Da un ambiente di pianura, dove erano il mare ed il grande fiume ad essere riferimento, ad un ambiente di montagna, con i suoi ritmi scanditi in modo diverso. Il mio naturale campanilismo si è sgretolato, ed ogni ritorno nei luoghi di origine mi ha fatto toccare con mano cosa significa essere troppo orgogliosi di sè stessi e delle proprie tradizioni, sino ad arrivare alla mancanza di una sana autocritica nelle menti più deboli, e al vero e proprio razzismo. Ecco le radici dell’odio, quelle che vorrei estirpare anche da dentro di me, ma che restano sempre, e ad ogni primavera rispuntano con nuove gemme, talvolta sotto forma di nostalgia, o di rimpianto, o di rabbia per chi ora ha preso il posto che era mio. Senso di rifiuto per chi ha trasformato in casa sua quella che era casa mia.
Quante volte ho visto nelle differenze la ricchezza, e quante altre invece tali differenze si sono rivelate tragiche premesse alla miseria umana. Leggo di buddisti assassini, che si rendono responsabili in Birmania di pulizie etniche contro i musulmani, e mi chiedo a cosa servano moschee e chiese, sinagoghe e templi se le guerre di un credente contro un altro sono destinate a non finire. Ovviamente spesso la religione nasconde ben altro, e l’odio nasce da motivi economici e di potere, ma l’edificio religioso resta centrale, nella comunità, qualunque essa sia, e segna i momenti fondamentali della vita, come la nascita, il matrimonio e la morte.
Come credere quindi, se credere porta a tutto questo, o come non credere, isolandomi dalla mia gente, rinunciare alle mie origini, rinascere ogni mattino, senza sapere nulla di chi incontrerò oggi, e senza che lui sappia nulla di me. Poter vedere solo quello che di buono o cattivo capita ora, non ieri, o dieci anni fa.

“Immagina che non esista il paradiso
è facile se provi.
Nessun inferno sotto noi
e sopra solo cielo.
Immagina che tutta la gente
viva solo per l’oggi”
(Immagine, John Lennon)

                                                                                                   Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

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