lunedì 24 febbraio 2014

Auguri e figlie femmine (Andrea)


Cammina tranquillo guardando le vetrine dei negozi chiusi da poco, la sera scende piano, e la gente in giro poco a poco si dirada. Passa un’auto, a bordo tre ragazze, più meno della sua età.
-         Dove vai tutto solo bel giovanotto? –
Lui si gira, incuriosito, e non risponde.
-         Se vuoi ti possiamo dare un passaggio, qui in periferia ormai l’autobus non passa più, lo facciamo volentieri…-
-         No grazie, preferisco camminare un po’…-
L’auto riparte senza che nessuna gli risponda, e lui continua a passeggiare guardando alcuni nuovi modelli di pantaloni di moda esposti in una sartoria artigianale e poi allunga il passo per non arrivare tardi a casa.
Decide di attraversare un piccolo giardinetto deserto a quell’ora, e intanto pensa a suo padre che gli ha detto di non far tardi, ed adesso inizia a fare tardi, quindi non è più il caso di perdere tempo in giro.
All’uscita dal giardinetto ritrova l’auto di prima sul marciapiedi, una portiera aperta, due ragazze sono scese e, senza che lui neppure se ne accorga si ritrova seduto sul sedile posteriore tra le due ragazze che lo hanno costretto a salire.
-         Sai che sei proprio carino – gli dice quella che guida mentre ingrana la marcia e parte.
-         Ha proprio un bel culetto, vero Marisa? – dice la ragazza seduta alla sua destra mentre allunga le mani su di lui.
-         Lascia stare il culetto, Anna, prova a sentire come ce l’ha – fa la ragazza che guida rivolta a quella che ha appena parlato.
Quella senza troppi complimenti gli mette la mano sulla patta dei pantaloni e lo stringe, guardandolo con gli occhi eccitati e cattivi.
-         Sembra che non gli piacciamo, eppure siamo carine e brave, come mai fa così, non siamo abbastanza belle per lui?-
Ora anche la seconda ragazza seduta dietro, quella alla sua sinistra, si gira e gli appoggia le mani in basso, poi con calma gli abbassa la cerniera e mentre lui è immobilizzato dalla paura, senza aria nei polmoni, incapace di emettere suoni, di parlare o di urlare.
-         No, il bel culetto non ha voglia di farlo con noi, e io mi sto arrabbiando. Stasera se non me ne faccio uno non dormo. Che si fa? Così non ci serve a nulla –
-         Tranquilla, lo lasciamo perdere e ne cerchiamo un altro. Prima però gli facciamo capire l’educazione, e che gli serva di lezione -
L’auto prosegue la sua corsa nelle strade ormai deserte, dirigendosi verso la campagna, e dopo meno di dieci minuti si ferma nel cortile di una casa colonica abbandonata da anni, fuori dalla vista di chi passa sulla statale.
-         Scendi carino – fa la ragazza che gli ha aperto i pantaloni tirandolo dalla sua parte e facendolo quasi cadere a terra, sulla ghiaia.
Poi tutto si svolge in pochi minuti che sembrano interminabili. Le tre lo circondano, gli abbassano i pantaloni e le mutande, lo deridono, una trova un vecchio badile e con quello gli da un colpo terribile sulle natiche, poi un altro sulle gambe, mentre lui cade finalmente urlando di dolore, ma nessuno oltre a loro lo può sentire.
Quella che guidava strappa di mano il badile all’amica e ordina alle altre due di girarlo pancia sotto.
-         Vediamo se gli piace il manico del badile più di noi, allo stronzetto–   dice con l’aria divertita avvicinandosi a lui.
In quel momento una sirena dei carabinieri, o della polizia, si avverte nelle vicinanze, le tre ragazze lo piantano a terra dolorante, gli buttano il badile addosso, salgono velocemente in auto e stanno pronte a fuggire. La sirena si avvicina e poi si allontana, non era per loro, ma intanto lui è riuscito a mettersi in piedi, seminudo, e si è spostato in una zona visibile dalla strada. L’auto riparte veloce e sparisce in un attimo dalla vista, e lui non ha neppure la prontezza di spirito di guardare la targa.
Si risistema, come può, si avvia verso la strada, a una trentina di metri, e poi si avvia verso la città, verso casa.
Meno di tre minuti ed un’altra auto si ferma di fianco a lui, ed il vetro del finestrino si abbassa.
-         Andrea, che fai qui? Vuoi un passaggio?- E’ il suo amico Luca, lui sorride, sale in auto, racconta di un improbabile errore che avrebbe fatto salendo su un autobus sbagliato e poi cambia discorso, sperando solo di poter arrivare a casa in tempo e di non destare sospetti. I vestiti che ha addosso sembrano a posto, solo un po’ impolverati, ma nulla di evidente.
A casa arriva una decina di minuti dopo il suo solito, e non deve neppure inventare scuse strane. Si rifugia in bagno, si spoglia velocemente, vede i segni dei colpi, ma per fortuna rimangono nascosti quando lui si riveste. Solo dentro di lui tutto è cambiato, non è più quello che era solo poche ore prima, e si vergogna da morire, vuole che nessuno sappia nulla di quanto gli è successo.
……………………………
Andrea frequenta il “Rifugio dell’uomo”, associazione che difende i diritti dell’uomo, che chiede la parità, l’uguale dignità, il riconoscimento della libertà di essere secondo la propria natura. Si interessa, assieme ad altri due compagni, della pubblicità sessista. In quei giorni è apparso in tutta la città il manifesto pubblicitario di una torrefazione locale, il “Caffè Bistrol”, che riprende un uomo di pelle olivastra, completamente nudo e di spalle, a figura intera, con in mano una tazzina fumante. La didascalia dice: “Sono nero e caldo, sono tuo” e sotto il logo della ditta. Hanno già segnalato la pubblicità al garante, ma ancora non hanno avuto risposta, ed i manifesti intanto restano ai loro posti.
Rimane nella sede un po’ oltre il suo solito, si ritrova con Amir, di origine araba, a scambiare due parole, prima di trovarsi più tardi con la sua ragazza, Giulia.
Lui gli racconta che in Italia siamo fortunati. In fondo è vero che il potere è in mano alle donne, che la Presidente della Repubblica è una donna, che la Presidente del Consiglio è una donna, che la Chiesa Cattolica ha una Mama e che ogni carica della gerarchia cattolica è riservata solo alle donne, ed è anche vero che gli uomini guadagnano meno delle donne, fanno carriera meno facilmente in questa società femminista, che la gravidanza delle donne è garantita in mille forme diverse mentre un uomo non sposato difficilmente trova impiego, ma potrebbe andare peggio.
In alcuni paesi gli uomini non possono neppure guidare l’auto, o non possono studiare, e se sono in pubblico una donna della famiglia deve sempre accompagnarli.
……………………….
Andrea non riesce a liberarsi di quel ricordo, si fida di Giulia, è una brava ragazza, probabilmente si sposeranno, ma neppure a lei ha mai confidato della violenza che ha subito quando aveva compiuto da poco 18 anni. Ancora oggi se ne vergogna. Giulia, del resto, è molto sicura di sé, non manca mai di frequentare la messa domenicale, ed è legata ad ambienti conservatori, anche se poi sa essere molto tenera nell’intimità e si rivela molto più aperta della maggioranza delle altre donne.
Un giorno, parlando con lui, lei gli ha confessato che la pastora ha sbagliato ad accusare i ragazzi se le donne li fanno oggetto di violenza. Non le sembra giusto che un ragazzo non possa permettersi di uscire di casa con una maglietta dalle maniche troppo corte, in estate, oppure con i pantaloncini se vuole fare un po’ di footing senza che si senta urlare contro i commenti più osceni ed allusivi. Si, Giulia è proprio una brava ragazza.
…………………………………..
Il momento più bello di Andrea è arrivato, oggi è il marito di Giulia. Attorno amici e parenti li festeggiano, lui tiene ancora dentro di sé quel segreto, ma ora è sicuro di aver superato quell’evento traumatico di quasi 10 anni prima. Sorride, alza il calice pieno di bollicine baciando la sua Giulia mentre tutti gridano:
 - Auguri e figlie femmine -

                                                                                   Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

2 commenti:

  1. Invertire i ruoli dal maschile al femminile e viceversa, rende maggiormente drammatica la violenza,la rende ancora più assurda e inverosimile, facendoci quasi dimenticare quanto invece sia quotidianamente reale.

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    1. Un’operazione simile è stata proposta a diversi alunni, anni fa, per far capire le leggi razziali fasciste, a diverse classi. I ragazzini dovevano scrivere le cose che facevano durante il giorno, alla lavagna. Poi l’insegnante interveniva cancellandole quasi tutte, spiegando loro quali NON potevano più fare perché la legge lo impediva… loro sono diventati ebrei, per un giorno. Ed hanno capito, o almeno sono rimasti molto impressionati…

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