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Sarebbe meglio se tu parlassi con le persone invece di farlo
con me, in fondo io sono solo la tua lavatrice, che vuoi che ti dica? Al
massimo lavo la tua biancheria, o i tuoi abiti. Non so parlare, anche se a
volte nella tua pazzia lo pensi. Potrei magari lavarti la coscienza. È quello
che vuoi da me? Uscirne di nuovo immacolato e puro, come un bambino ancora
ingenuo, senza cattivi pensieri, rimorsi, male fatto agli altri e tutto il
servizio completo? –
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Stai zitta, non ti ho chiesto nulla. –
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Questo lo so bene, ma non sono stupida. È da quando sono in
questa casa che ti osservo e che ascolto quello che dici e fai, anche quando
non sei in bagno. Non sono neppure sorda, anche se non parlo, e tu sei solo un
vecchio coglione. –
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Ora offendi pure? E che ti avrei fatto, di grazia, per dirmi
queste cose?-
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A me? Nulla, anzi, mi tratti pure bene, non usi detersivi
scadenti, e non mi obblighi quasi mai a lavare a temperature altissime, così
faccio pure meno fatica. Il fatto è che lo sai di essere un coglione, mica sono
io a dirtelo, te lo dici da solo, esattamente adesso. Tu hai paura del
confronto con te stesso, e ancor di più con la realtà degli altri. Sai che
fuggire non ti risolve nessun problema, e sei bravissimo a trovare mille
motivazioni colte o sagge per negare l’eviden... –
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Ho capito, vado a vedere la televisione, almeno quella so
che parla e lo sa fare meglio di te. –
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Vai pure, se vuoi che non ti parli più, non hai che da
pensarlo. –
Stava così sbrigando piccole faccende, Gualtiero, e intanto
non poteva fare a meno di seguire la sua mente intelligente e malata,
furbissima e stupida, con qualche oggettivo problema di messa a fuoco o, per
dirla come una brava professoressa di lettere, incapace di separare i fatti
importanti da quelli secondari.
Da sempre aveva pensato che il modo migliore per risolvere
le cose fosse agire, credeva nel potere taumaturgico
dell’azione, della stanchezza fisica per combattere altri malesseri più
profondi. Il silenzio gli serviva, ne era consapevole, ma oltre un certo
livello diventava assordante, e quindi lo fuggiva, cercava altrove discorsi,
musica, parole. La radio, purché non troppo idiota, lo aveva aiutato spesso,
distraendolo da sé e proiettandolo nel mondo degli scontri e delle idee. E
questo mentre magari, da solo, passava col pennello le pareti di una stanza
vuota oppure torniva un pezzetto di legno di pero, vera rarità per lui, in modo
da ottenerne una piccola e levigata scatoletta. L’ulivo pure era ricercato, e non gli spiaceva l’effetto finale
che otteneva quando ne lucidava la superficie dura e variegata, ma l’odore
della segatura dell’ulivo non gli aveva mai trasmesso le emozioni di quella del
larice, o anche del più modesto pioppo.
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Ma lo vedi che appena stai un attimo da solo inizi a
rimestare…-
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Lo so, ammetto che hai ragione, vado a fare due passi,
carissima, magari mi capita di incontrare qualcun altro con cui parlare, senza
restare qui con te a perdere tempo. –
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Ora mi piaci, vai, esci, vedi gente. Poi, però quando torni,
mi racconti chi hai visto e cosa hai fatto fuori? –
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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