domenica 6 luglio 2014

Bolla 2.0


Non sono certo che sia una bolla, è una cosa nuova, della quale non ho alcuna esperienza.
Potrebbe essere una sorta di catena di Sant’Antonio, nella quale i primi, i furbi che sanno farsi seguire ci guadagnano e gli altri semplicemente si illudono di entrare a far parte degli “eletti”.
Oppure una truffa planetaria, che si accavalla ad altre situazioni che mutano, complicando ogni cosa e rendendo quasi impossibili le previsioni sulla sua evoluzione. Ci salveremo tutti o solo in pochi ci riusciranno? In quel secondo caso quelli come me scompariranno.

Ma parto dall’inizio, dal mio primo VIC-20, un “computer” capace di eseguire comandi elementari utilizzando il linguaggio “BASIC”. Me ne innamorai appena lo vidi (volevo toccare con mano l’intelligenza artificiale) non costava pochissimo ma era abbordabile, e alla fine lo portai a casa, rubando ogni volta, per poterlo far funzionare, il televisore a chi lo stava guardando (Il VIC-20 non era dotato di schermo). Lo esplorai, imparai le nozioni essenziali della programmazione e all’inizio mi divertii molto, ma ne vidi presto i limiti e mi resi conto che per fare quello che mi sarebbe piaciuto avrei dovuto spendere molto di più, comprare una macchina più potente ed altra strumentazione, e poi studiare a fondo il linguaggio di programmazione, avendo davanti l’illusione di possibilità infinite mentre in realtà ero solo costretto a capire con quale logica chi aveva ideato la macchina voleva che io interagissi con lei. Solo dopo avrei potuto “creare”. Mi arresi. Altri invece, una minoranza, partirono da quelle esperienze per andare molto avanti, come Linus, ma io non ho le loro capacità.

Col tempo però le cose mutarono. Prima arrivarono pc ancora molto costosi nelle scuole, iniziai a seguire corsi di aggiornamento informatico per piacere più che per dovere, quindi non sempre riconosciuti, ma senza possibilità di esercitarmi a casa scordavo in fretta quanto appreso.
Arrivò in seguito il tempo del mio primo vero computer, col quale iniziare a vedere sul serio le potenzialità della macchina, ancora con grosse difficoltà legate al costo dei programmi e quindi con un livello di soddisfazione personale abbastanza basso, e non in rete, quindi con dischetti flessibili portatori di virus e con poca capacità di contenere dati. E poi il grande balzo. La connessione alla rete, con un modem lento, un pagamento a consumo, e abbastanza oneroso.

In un attimo è oggi, ed il tempo sembra trascorso in un soffio. Ma la potenzialità della novità si è rivelata un’arma a doppio taglio.
Nessuno può ormai fare a meno della rete, e il nostro stile di vita è mutato irreparabilmente, in peggio. Anneghiamo la solitudine nei social, e non vediamo di persona chi ci parla a poca o tanta distanza. Il sesso diventa virtuale, e a volte anche il tradimento passa per quella via. Il virtuale soppianta il reale, e chi lavora sul serio non serve più come prima, e viene licenziato. Crolla tutta l’economia della musica e del cinema, e gli effetti sono evidenti, senza che mi dilunghi. Le librerie chiudono e chi compra libri lo fa solo con sconti nei negozi on-line, e poi chiuderanno le tipografie, perché il libro si scarica sempre più spesso non cartaceo. Nessuno si azzarda ad andare in un rifugio alpino se prima non vede le previsioni del tempo, e così nessuno rimane a giocare a carte al chiuso in certe giornate tra le vette, ma le evita proprio, le vette, e chiuderanno pure i rifugi.
Una persona che conosco non prenota l’albergo al telefono, e neppure in rete con anticipo. Semplicemente si mette in viaggio, trova sul posto un albergo che giudica bello, entra nel sito delle prenotazioni col suo telefono, ottiene la stanza con un grosso sconto, e subito dopo entra nella reception, tutto soddisfatto. Tra qualche anno i servizi di quell’albergo non potranno in alcun modo mantenere gli stessi standard di qualità. E perderemo altri posti di lavoro.


No, lo confesso, non riesco a più a leggere di una nuova app senza associare una domanda: quanti perderanno il posto grazie a questa nuova comodità? La cosa ironica e tragica è che tutti, io per primo e tu che mi leggi, assieme ad altri milioni e milioni, lavoriamo gratuitamente con il nostro blog, con l’account su varie piattaforme ed usando motori di ricerca. Poi seguiamo chi ancora ci racconta di brand, di trovare clienti, di aver successo, cerchiamo di avere una gloria virtuale mentre, chi guadagna sul serio, se la ride, e lascia un po’ di briciole non a noi, ma ai piccoli guru di successo che a loro volta aggiornano noi, le pecore informatiche. 
A noi rimane la soddisfazione di esserci, che altro vorremmo avere, del resto, anche essere pagati per tutto questo?

Mi ha ispirato (in modo evidente) un bellissimo articolo di Riccardo Staglianò, che ti consiglio di leggere (e che trovi qui). Poi ho aggiunto del mio, ovviamente.

                                                                                                 Silvano C.©


( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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