Premessa e definizioni
L’obiezione di coscienza è una cosa seria, che si può
declinare in diverse versioni e si può applicare a vari aspetti della vita
sociale. Tutte queste versioni hanno in comune il rifiuto di applicare una
qualche norma prevista dal proprio ordinamento giuridico o una decisione presa
da rappresentanti delle Istituzioni ma le motivazioni sono tra le più diverse:
etiche, religiose, filosofiche, economiche, politiche e sociali.
· La prima forma di obiezione che ricordo è quella al servizio
militare obbligatorio. Questa comporta, a seconda del momento storico e
contingente nella quale si manifesta, la pena di morte, la reclusione, un
servizio civile alternativo o altre pene o compensazioni. Prevede cioè sempre
un prezzo da pagare a livello individuale.
· Un’altra forma di obiezione è quella che rifiuta per sé
alcuni tipi di cure mediche. In questo caso tuttavia non è chiaro se questa sia
una vera obiezione, e poi la persona interessata fa ricadere esclusivamente su
sé stessa le conseguenze della propria scelta.
· Poi c’è l’obiezione nei confronti delle pratiche che
prevedono la sperimentazione sugli animali. Qui gli effetti della propria
scelta ricadono anche su altri soggetti: animali, strutture scientifiche (e malati)
che, con diverse motivazioni, la praticano.
· C’è l’obiezione ai vaccini, della quale ho già parlato QUI.
(basta ciccare per leggere il post interessato e poi ritornare a questa pagina
annullando l’operazione). In questo caso gli effetti della propria scelta
ricadono anche sull’intera società, come ho già ampiamente spiegato.
· C’è anche l’obiezione civile ad alcune scelte operate
dall’Ente Pubblico, e penso ai movimenti NO-TAV, ad esempio, ma non intendo
approfondire queste scelte per non esulare dal tema che mi preme di più, che è
quello all’ultimo punto. Gli effetti di tale obiezione toccano la società ma
non di rado anche chi obietta in forme ritenute, a torto o a ragione, non
accettabili.
· E poi c’è l’obiezione di coscienza del medico che rifiuta di
applicare la legge 194, e quindi di praticare l’IVG, (interruzione volontaria
della gravidanza) nelle modalità previste dalla legge. In questo caso
l’obiettore, a quanto mi risulta, non paga sul piano personale in alcun modo
per la sua scelta, né in termini economici né di carriera.
L’obiezione sbagliata
Ho letto con attenzione un post molto interessante
pubblicato sul blog Femminismo a sud: Diritto e dovere, obiezione e aborto
(anche in questo caso basta ciccare QUI per leggere il post interessato e poi
ritornare a questa pagina annullando l’operazione).
Non rispondo direttamente sul blog per vari motivi: non mi
va di fornire la mia mail e non mi va neppure di essere censurato (cioè non
pubblicato) se scrivo cose che non sono accettate. Inoltre quel blog non ha
bisogno del mio contributo per essere importante e seguito (io stesso lo
seguo). Preferisco rispondere a distanza, in “casa mia” cioè. Ma leggi quel
post, te lo consiglio, prima di leggere la mia molto più modesta e limitata
risposta.
Io condivido quasi tutte le argomentazioni scritte, e quindi
su quelle intendo sorvolare. Se non critico significa che approvo almeno in
larga misura.
Non condivido solo piccole considerazioni: ad esempio il
giudizio che la drammatica situazione sorta dall’eccessivo diffondersi degli
obiettori sia causato dalla stessa L.194. A mio avviso semplicemente la legge
viene snaturata e non applicata, dando più importanza ad una sua parte (l’art.
9) che allo spirito complessivo della legge stessa, che invito a leggere QUI
nella sua interezza.
Un capoverso dello stesso art 9 del resto è chiarissimo in
tal senso: Gli enti ospedalieri e le case di cura
autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle
procedure previste dall'articolo 7 e l'effettuazione degli interventi di
interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli
articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche
attraverso la mobilità del personale. (A dire il vero il post poi fa un
riferimento chiaro a questo concetto, che tuttavia per me è premessa alla
discussione stessa)
È l’Ente Pubblico che non applica la legge, non spostando in
modo opportuno il personale (considerando anche le sedi disagiate, se
necessario) o non assumendo in modo esplicito altro personale disposto ad
applicare, dove serve, la legge 194.
Federica Grandi, citata nel post, parla giustamente di un’ipotesi
di “abuso di diritto”, stante l’aggiramento dello scopo originario della norma.
Considerazioni personali sulle scelte della donna
Il post si conclude però in un modo che non mi piace: Come
Grandi ci sembra suggerire, non è più tempo di procrastinare, bensì di
riconoscere la centralità decisionale delle soggettività giuridiche in
questione: le donne, uniche titolari del diritto alla libertà di scelta.
Se le donne sono riconosciute uniche titolari della
libertà di scelta, che parte hanno in tale scelta i compagni di queste donne?
(e non mi riferisco ai medici obiettori, che possono pure essere donne). Mi
sembra una sorta di regresso agli anni ’60 e ’70, allo slogan: il corpo è
mio e lo gestisco io. Da allora molto è successo, e gli uomini, molti
uomini, hanno capito l’importanza di una legge di libertà come la 194, che riguarda
pure loro, e rende più liberi anche loro. La mia tesi è che la donna ha una
sorta di diritto finale all’ultima parola, perché effettivamente è lei che a
volte rischia pure la vita durante la gravidanza. Ma anche il compagno, il
marito, il padre futuro del futuro bambino ha qualche diritto di opinione in
proposito, specialmente quando si assume ogni corresponsabilità e dimostra la
propria disponibilità a seguire la donna nel caso decida di non abortire,
e quindi a contribuire in tutti i modi a far crescere un futuro essere umano,
oppure a starle vicino nel momento dell’interruzione della gravidanza. Sì, il
post mi piace, ma io, personalmente, non mi sono mai tirato indietro quando si
è trattato di far crescere mio figlio. Forse che mia moglie ha scelto di avere
un figlio da me indipendentemente dalla mia volontà o che avrebbe scelto un
aborto senza prima parlarne con me?Conclusione
Un obiettore che decide di fare il medico ha sicuramente
ogni diritto di obiettare, ma tale diritto deve tener conto del ruolo che è
chiamato a svolgere nella struttura pubblica pagata dal Sistema Sanitario
Nazionale e non può in alcun modo pretendere di imporre la sua presenza (a suon
di ricorsi ad esempio) se di fatto impedisce con questa di offrire un servizio
previsto dalla legge. Ogni struttura deve poter prevedere quote di non
obiettori in misura tale da non obbligare questi ultimi a svolgere solo
interruzioni di gravidanze, perché a questo punto sono i non obiettori quelli
penalizzati, non gli obiettori. E deve essere prevista anche una forma di risarcimento per il servizio non svolto, e non semplicemente l’assegnazione
ad altri incarichi che magari facilitano pure la progressione in carriera. Un riduzione
dello stipendio potrebbe essere una buona misura. Chi “difende la vita”
sarebbe certo contento di dedicare alla sua causa questo piccolo sacrificio, dimostrando
in tal modo la sua buona fede e la non volontà di imporla a tutti, come invece
sembra abbastanza evidente. E chi svolge ogni tipo di mansione si vedrebbe
riconosciuto il suo spirito di servizio, anche sul piano economico.
Del resto sembra stranissimo che ci sia una tale concentrazione
di obiettori (in alcuni casi addirittura del 90%) quando nella popolazione
normale questo non si verifica assolutamente. Silvano C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
La legge 194 nasce quale tutela al diritto di materniità cosciente e diritto alla vita umana. questo ne è il principio, e compie ormai i suoi 36 anni. allora io mi chiedo...che è successo in questo percorso da portare gli obiettori fino al 90%, non credo sia un discorso cattolico,in un paese che si stà lentamente scristianizzando. Forse il tempo ha trasformato una legge che era di protezione in un sistema contraccettivo,quando sappiano che ce ne sono di migliori meno traumatici e dolorosi.Forse in questo nasce il rifiuto di alcuni obiettori,ai quali credo debba sempre essere chiesta comunque presenza e professionalità.Ho letto una lamentela recente,di una signora che lamentava non essere stata accolta per un aborto terapeutico all'ottovo mese di gravidanza...forse bisogna spiegare la legge 194.ringrazio l'opportunità.
RispondiEliminaassolutamente vero, grazie di aver precisato. io so di alcune donne poco attente o informate o preparate che fanno uso della pillola del giorno dopo 2 o 3 volte all'anno (così non funziona) altre che pretendono il diritto di abortire sempre e comunque, a prescindere da ogni altra considerazione (l'aborto non è un contraccettivo). so di medici che scelgono l'obiezione solo per evitare di essere costretti a praticare solo interruzioni, e non per una vera obiezione, ma per non svilire la loro professione ad un solo ed unico ruolo. serve informazione e non proteste da parte di chi ad esempio vuole demandare solo alle famiglie l'educazione dei figli in campo sessuale, o di chi avrebbe il potere di modificare almeno in parte la stato di ignoranza. fare educazione all'affettività ed alla sessualità è sempre più complesso, con i ragazzi, e forse lo è sempre stato. troppi insegnanti non la fanno. troppi genitori non la fanno. troppi educatori in genere non la fanno. e la nuova immigrazione fa regredire le nostre statistiche di anni. ora bisogna educare anche donne che queste informazioni non le hanno mai avute. situazione complessa, e dai mille aspetti, con grossi coinvolgimenti personali e di scelte politico-religiose, in continua evoluzione... Silvano.
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