mercoledì 23 luglio 2014

Tutti i nodi vengono al pettine


 

Informativa sulla privacyTrento è in questi giorni al centro di un caso nazionale che vede contrapposte due diverse modalità di intendere la scuola. Non si tratta di un semplice caso di discriminazione, ammesso che sia provata, di una insegnante per certe sue inclinazioni che rientrano nella sfera privata. Se fosse solo così sarebbe già gravissimo. In realtà è molto peggio.
Ma io, non molto adatto alla cronaca, ricerco cause nel passato, nella storia recente, e cerco di trovare aspetti che non bisognerebbe ignorare per poter affrontare il caso in modo da rimuovere, per il futuro, motivi che possano farlo ricomparire.
Dico subito quindi che non mi interesso del problema enorme dei diritti di ogni lavoratore. Non ne ho alcuna competenza. Spero che se l’insegnante in oggetto ha subito pressioni o ingiustizie riceva soddisfazione, ma io guardo oltre.
Parto dal XX settembre 1870, fine del potere temporale del Papa. Anche il Quirinale, il palazzo simbolo del potere sul colle più alto, antica sede papale, diventa prima reggia della dinastia Savoia ed in seguito della Presidenza della nostra Repubblica. Il Papa si ritira e inizia un periodo di rapporti difficili con il nuovo Stato Italiano, sino ai Patti Lateranensi sottoscritti nel 1929 da Mussolini (Capo del Governo italiano) e Gasparri (Segretario di Stato vaticano). Nei Patti si stabilisce l’ingresso ufficiale della religione cattolica nelle scuole del Regno.
In seguito tali Patti vengono recepiti in toto nella nostra Costituzione, e di fatto ora siamo vincolati al rispetto di questo accordo internazionale anche dalla nostra stessa Costituzione. Unilateralmente non possiamo modificarli.
Sempre nel periodo pre-costituente e costituente si viene ad un’intesa con l’Austria per definire la questione altoatesina, e tale testo diventa base per la legge costituzionale n. 5, (anche questa riguarda un accordo internazionale).
Poi la questione altoatesina sembra sfuggire al controllo, con numerosi attentati, e si giunge ad una revisione concordata con l’Austria. È il cosiddetto Pacchetto (cioè il secondo Statuto di Autonomia), che coinvolge le province autonome di Trento e Bolzano e che sancisce la competenza primaria di queste in tema di Istruzione, scavalcando o interpretando di fatto le norme statali in sede locale.
Pochi anni dopo, nel 1984, anche il Concordato Stato–Chiesa viene rivisto, e comporta alcuni cambiamenti, nel senso che l’insegnamento della religione cattolica non è più obbligatorio, ma facoltativo. Questo, negli anni, comporterà, se applicato correttamente, a pagare di fatto come dipendenti statali personale selezionato dall’autorità religiosa e a dover prevedere, in alcuni casi, un doppio onere per lo Stato, che dovrà pagare anche gli altri insegnanti utilizzati per l’ora alternativa alla religione.

La questione tuttavia non è neppure limitata a questi aspetti importantissimi, ma si complica ulteriormente nell’interpretazione dell’art. 33 della nostra Costituzione, quando recita: Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
Negli ultimi decenni si tende a considerare pubbliche tutte le scuole, anche quelle istituite da alcuni enti privati-religiosi, con la motivazione che svolgono un servizio pubblico, creando probabilmente un attrito con le volontà intese dai padri costituenti e permettendo però in tal modo di sovvenzionare tali scuole “paritarie pubbliche” con fondi pubblici.
A questo punto ho messo tutto o quasi sul tavolo e ti pongo due domande.
Prima domanda:
Ha diritto un ente privato confessionale di stabilire le norme per scegliere il proprio personale insegnante sulla base delle proprie lecite convinzioni religiose, citando magari il fatto che gli utenti (genitori ed alunni) vogliono veder riconosciuti sino in fondo i loro principi religiosi?
La mia risposta è semplicemente sì.
Seconda domanda:
Ha diritto un Istituto Scolastico così concepito, cioè basato su una precisa scelta di campo confessionale, di ottenere i finanziamenti pubblici destinati alla scuola pubblica? Ecco, a questa io non rispondo ma ti lascio indovinare la mia risposta.

Spero che il caso di questi giorni scoppiato a Trento aiuti a fare chiarezza per tutti sulla risposta da dare a questa seconda domanda.

                                                                                                 Silvano C.©


( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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