Se dopo tempo rivedo persone, o le sento semplicemente al telefono, quasi sempre si parla di ciò che abbiamo vissuto assieme. Riportiamo alla mente episodi, emozioni condivise e ogni genere di argomento ci abbia toccati direttamente.
Se possibile ci agganciamo a momenti positivi come vacanze, cene, incontri piacevoli, inviti, gite, anni scolastici vissuti assieme. Ci potranno essere, annidati e latenti in ogni ricordo, i tradimenti, i funerali, le tragedie e ogni altro aspetto negativo, ma in secondo piano, magari solo sottintesi senza prendere mai il sopravvento. Se rivedere una persona mi fa piombare nel dolore di ciò che non ho superato e forse non intendo superare, quasi certamente tenterò di evitare l’esperienza. E magari quella persona non ha colpe.
Cosa ci unisce allora? Quali legami si creano dentro la mente che poi realizziamo con le azioni di avvicinamento o allontanamento dagli altri? Non ne ho certezze, solo supposizioni, magari intuizioni indimostrabili.
La cosa contraddittoria è che il bisogno di mantenere e quello di superare non trovano mai un loro compromesso stabile, e così i ponti che credevamo di aver distrutto li ritroviamo ancora, magari non agevoli come anni prima, ma presenti. Altri invece, magari costruiti in importanti epoche storiche, sono spariti da tempo ed è svanito l’interesse reciproco. Il ponte unisce almeno due entità che hanno qualche motivo di ricercarsi, ma tale condizione deve essere presente in entrambe le direzioni.
Il senso finale è che la fine non è nota, come quasi ogni altro aspetto della vita e della morte stessa. Ciao, Viz.
Silvano C.©
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