Ho capito ciò che mi dici usando
le mie stesse parole, perché altre non te ne vengono concesse (per ora).
Vedi pure tu che la cronaca
che muta di giorno in giorno mi toglie poco a poco gli alibi, e la necessità
della distanza assume contorni sempre importanti ma più sfumati, declinati e adattati,
aggiornati e ridimensionati.
Quando tutto questo sarà finito
non so se ne resterà traccia indelebile nel nostro comportamento sociale o se verrà
prestissimo scordato e rimosso, come successe ai miniassegni che affrontarono
un problema contingente di una dimenticata stagione della nostra economia commerciale
spicciola. Erano spiccioli, in effetti, e ora molti neppure sanno che cosa furono,
perché si tratta di una storia conclusa oltre quarant’anni fa.
Io, lo ammetto, ci ho fatto l’abitudine,
e la trovo una forzatura quella di obbligarmi a ripensarmi ed a recuperare ciò
che ero sei mesi fa. Certo che rivoglio indietro alcune mie ed altrui libertà, ma
non tutte. Certi comportamenti non attengono alla libertà, sono piuttosto invadenza,
maleducazione, rumore di fondo non necessario, stile di vita sbagliato e contronatura.
Nulla è mai così netto nel bene e nel male, nulla. Lo stesso Maligno giustifica,
con la sua sola idea di esistenza, il Bene.
Quindi voglio mantenere le
distanze in alcuni aspetti della mia vita, anche se non mi è assolutamente
chiaro adesso cosa intendo esattamente dire. Avverto contraddizioni in ciò che
capitava sei mesi fa ma anche in quello che vedo oggi, nelle aspirazioni di
ritorno alla normalità. Ma chi ritiene di possedere la normalità non è per
questo stesso fatto socialmente pericoloso e profondamente pazzo pur
ritenendosi sano?
Io so di avere la pazzia
dentro di me, e me la tengo, ci convivo con dolore e mai soddisfatto,
contraddicendomi quasi ogni giorno. Tu però, per favore, appena puoi torna a
trovarmi. Ciao, Viz.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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