Giorni pessimi, questi, sotto
molti aspetti.
Per mia natura ne coglierei
ogni aspetto per deprimermi e darmi pensieri. Quasi certamente lo faccio in
modo continuo, anche senza rendermene conto, come impostazione automatica. A volte
credo di non essere sempre stato così, e forse anche questo è possibile, o lo è
stato in alcune fasi importanti.
Ho la sensazione che quasi
sempre il mio primo incontro con chiunque sia stato determinante per tutto ciò
che ne è seguito, e che tra i fattori ad influenzare questi primi momenti ci
sia stato esattamente il mio atteggiamento pessimista e/o ottimista. Quante
banalità da psicosociologo dell’ovvio.
Ciò che rende questi giorni
pessimi è il confronto con ciò che ero o avevo non solo pochi mesi fa, ma
cinque o sei anni fa, oppure dieci anni fa… Mi manca il tuo giudizio e la tua
voce, ne sono orfano da troppo tempo e tutti i surrogati non funzionano. L’originale
è sempre insostituibile. Imitabile, in alcuni casi, ma unico. So che sorridi,
in qualche modo e in un altrove che mi è negato. Ammetto che me lo avevi detto,
senza che tu debba dirlo. Dire questo riferito a sé stessi non è mai elegante,
ma ammettelo se riguarda altri è quasi doveroso, obbligatorio se si vuole
mantenere un minimo di onestà. Mi sembra di non spostarmi ancora dall’ovvio,
credo.
La cosa che in questi giorni
supera noi e le nostre miserie umane condivise da tutti, prima o poi, è la
rabbia mista alla paura che si sente ovunque. E sopra ogni cosa il dolore che
tocca direttamente (o indirettamente ma molto da vicino) in maniera
generalizzata. Perdere è già difficile, e la paura di perdere rende ancora più
opprimente la vita durante l’attesa. Ed allora scatta il desiderio di fuga, per
non avvertire il dolore e la rabbia. Scatta l’insofferenza per i messaggi che
arrivano, da qualsiasi fonte, sull’ottimismo che dovrebbe spingerci a vedere
che tutto potrà andare bene, o sul terrorismo di chi intravede degradi epocali
ed inarrestabili, o nei confronti di chi è semplicemente oppresso dalla propria
situazione, e se contattato con una telefonata scarica ogni sua ansia, senza l’intenzione
di farlo ma solo perché ne è sopraffatto.
Dammi un’isola che non c’è, un’ultima
Thule dove poterci ritrovare scambiarci parole, Viz. Mi basta anche qualche momento
nella notte, o qualche lampo durante le ore di veglia. Poi saprei farne tesoro e
prolungarne la forza che me ne viene.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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