lunedì 30 novembre 2015

il labirinto



 
Se mi perdo nel labirinto chi mi viene a salvare, chi mi fa trovare l’uscita?

Quello pensava, o credeva di pensarlo, a metà tra sonno e veglia, il dottor Vincente, e quando aprì gli occhi, accettando il giorno, non fu in grado di capire se era un regalo nuovo oppure un avanzo del giorno precedente e di tutti gli altri giorni prima di quello. E il labirinto? Non capiva perché proprio il labirinto, mentre quello si dissolveva, e anche l’interrogativo con lui.

Non mi perdo quasi mai, si disse andando in bagno con l’urgenza che ultimamente avvertiva antipatica, quando meno sembrava opportuna. In effetti raramente si perdeva, era intonato ed aveva un bel culo. Queste sue tre qualità gli apparivano obiettive, e non necessitava di conferme per continuare a crederlo. Ci credeva, del resto, da oltre 50 anni. 
Per perdersi non si era mai perso in modo drammatico, è vero, ma si era perso, gli era successo di rado, ma era avvenuto, oltretutto a piedi, in una città che alla fine trovò che avesse le vie troppo simili le une alle altre. La colpa non era sua, ma di quella città pianificata male, evidentemente.
Intonato poi lo era senza dubbi. Sapeva cantare alcune canzoni con trasporto ed entusiasmo, quando ancora lo aveva, l’entusiasmo. Da qualche anno cantava sempre meno. Ma è noto che quando si sa cantare, quando si ha il dono, lo si può fare in ogni occasione, appena capita un motivo per il quale valga la pena farlo. Un motivo per essere allegro, insomma.
E del culo che dire? Che era la sua parte fisica migliore. Senza esitazioni. Lo era stata, probabilmente, gli diceva una vocina sommessa che non voleva ascoltare, ma ora? Ora non cambia nulla. È così!

Dire che ultimamente faceva discorsi demenziali era un eufemismo (a voler essere buoni autoreferenziali, senza contraddittorio). Il tempo per discutere non lo aveva più, lo giudicava tempo perso, e discutere per cosa poi? Di fronte a certe frasi introduttive già ne intuiva lo sviluppo, nelle teste altrui, prevedeva commenti e controdeduzioni, e tutto si risolveva in un'immensa fatica ed in uno spreco di concentrazione.
Guai a dirgli che stava diventando superficiale. Chi si azzardava a farlo ne riceveva repliche velenose, piccate, in definitiva sulla difensiva. Ammettere di voler arrivare alle conclusioni prima che gli altri potessero sviluppare il loro pensiero mai. Se volevano spingerlo a quello, malgrado intuisse che non avevano tutti i torti, avevano sbagliato, e di molto.

Del resto contava troppo sui suoi trascorsi allori, era innegabile. Sembrava spazientito se qualcuno si complimentava con lui, ma si alimentava ancora di quello. Erano trascorsi ormai 15 anni da quando era in pensione, alcuni non lo avevano mai conosciuto sul lavoro, altri se ne erano già andati, prima di lui, troppo presto, pensava. E il labirinto lo aveva percorso, in ogni suo angolo, per ogni tratto, aveva trovato i punti senza uscita e li aveva scartati. Lo stesso nella vita. In quel caso tuttavia non aveva percorso tutte le strade, alcune portavano al nulla ed altre non erano mai state alla sua portata. Ugualmente aveva fatto il suo percorso, vicoli ciechi compresi, e ne era uscito.

Il modo per uscire sempre da ogni labirinto tradizionale, a due dimensioni, lo sapeva, consisteva nel camminare sempre vicino ad una delle due pareti. Non importa se all’ingresso avesse deciso per la destra o la sinistra. Andava bene in ogni caso. Avrebbe fatto un percorso lungo, è chiaro, ma sarebbe uscito. Anche un vicolo cieco avrebbe superato, in quel modo. Il suo metodo, doveva ammettere, a volte gli faceva ignorare intere aree, che per lui restavano sconosciute. E gli erano rimaste sconosciute, sino a quel momento, malgrado i suoi anni. Se avesse voluto provare a scoprire l’ignoto avrebbe dovuto staccarsi da una delle pareti che stava seguendo, ed avrebbe rischiato di perdere in modo irrimediabile la strada.

Se mi perdo nel labirinto chi mi viene a salvare, chi mi fa trovare l’uscita? Non è che ho perso il contatto ed ora mi muovo senza la possibilità di recuperare l’uscita? Dove sono capitato? Chi mi aiuta? Ed io chi ho aiutato, che sino ad ora non ho voluto staccarmi dalla mia parete?


                                                                                                        Silvano C.©   

(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

domenica 29 novembre 2015

attenzione, stanno per arrivare i Krampus (o forse sono già arrivati…)

Se hai paura dei Krampus non devi uscire durante le sere di dicembre perché si stanno organizzando, e amano spaventare i bambini, lo fanno con gusto e professionalità. La loro notte è quella tra il 5 ed il 6, ma non c’è da fidarsi, possono venire pure prima, e anche dopo. Altrimenti che razza di diavoli sarebbero se rispettassero le regole?
Loro sono il male, e solitamente stanno attorno a San Nicola, sul quale la tradizione dice che non abbiano alcun potere. Anzi. Sono loro, i krampus, a dover rispettare Nicola, santo non per nulla, che sa come trattare il diavolo ed il male.

Si raccontano leggende in proposito, e la tradizione di festeggiarli è diffusa in molte zone alpine italiane dell’area tedesca o influenzate da quella, paesi del Trentino compresi. Il male viene rappresentato, reso pauroso, rumoroso e fastidioso, ma è visibile, per una volta, e si può combattere.
È un male accettabile, che si capisce, che spaventa ma neppure troppo. Diventa un gioco fingere di aver paura di questi orribili personaggi pelosi e più alti della media, armati di bastoni, a volte, ma non di rado con qualche caramella nelle loro tasche misteriose.

Si racconta di un krampus che si divertì, una sera di dicembre, a spaventare una ragazza che se ne stava tornando a casa, visto che iniziava a far tardi. Lei non si sa esattamente quanto si spaventò, e neppure è dato conoscere se l’orrenda maschera volle infierire sulla malcapitata che si era trovata, casualmente, isolata dalle sue solite amiche.
È noto invece che la primavera successiva, in paese, era nato un nuovo amore. Quella ragazza, forse per riprendersi da uno spavento invernale, si era invaghita di un giovanotto che a sua volta non mancava occasione per cercarla, portarle fiori, farle un sorriso. La cronaca poi registra che il nome del ragazzo risultava nel gruppo degli animatori che, in dicembre, indossavano i panni dei krampus.

Ma se ancora i Krampus ti fanno paura, meglio se aspetti gli Sternsinger.



                                                                                                        Silvano C.©   

(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)


sabato 28 novembre 2015

28 novembre 2014

Il 28 novembre, un anno fa, a quest’ora stavo in auto. Guidavo, ma non c’era più alcuna fretta di arrivare. Il viaggio era imprevisto ma avrei dovuto aspettarmelo, era nell’aria.

Quello che mi passava per la mente in quelle ore non lo ricordo esattamente, di tutto credo. Poi, nei giorni seguenti, azioni quasi meccaniche, decisioni non decise, la sensazione della fine di molte cose, tante quante neppure riuscivo ad immaginare.

Ora, dopo un anno esatto, avrei molte parole, tante, troppe, ma non mi va di dirle, devo trovare un modo diverso per trasmettere quello che provo, e per ora non l’ho trovato.

Un anno però è lungo, fa cambiare alcuni riferimenti, il terreno sotto i piedi diventa meno solido, si affacciano paure nuove, che devono essere esorcizzate, accettate a combattute con tutti i mezzi umani a disposizione. Nulla di nuovo sotto il sole, ma tutto nuovo per me.

Tu manchi da un anno, e a volte ti parlo, ti chiedo ancora cose, un aiuto. Tutto qui.

                                                                                                        Silvano C.©   

(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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