Premessa. Nessuna analogia con un film di venti
anni fa, ma semplice riflessione tardiva su quanto scritto da un’amica il due
novembre appena trascorso.
Ovviamente non ho alcuna possibilità di
influire su quello che succederà a me dopo che sarò morto, figurarsi quindi i casi
altrui. Ma un pensiero mi capita a volte di farlo, penso che succeda ogni tanto
a tutti, senza esagerare o cadere nel morboso.
La prima cosa che mi viene in mente è che
sarebbe bello mantenere un contatto con i vivi, mentre trovo triste l’idea di
riparare a danni o errori commessi quando si sarebbero potuti evitare. Meglio farlo
da vivi, non tardivamente e per coprire sensi di colpa. Se poi da morti vedremo
chi se ne è andato prima di noi potremo chiedere scusa, magari, da pari a pari,
e trovare un nuovo equilibrio, ma questo esula dal discorso, per ora. A me
interessano i vivi, adesso e nel tempo che ci aspetta.
L’idea del testamento non mi è mai venuta. Non
possiedo tanto da dover lasciare disposizioni in tal senso. Cosa faranno del
mio corpo mi interessa relativamente. Penso che la cosa giusta sia lasciar
decidere a chi resta. Se fossi un artista potrei pensare di far bruciare le mie
opere dopo che me sarò andato? Non sono un artista, ma l’idea non mi piace. Assomiglia
ad una specie di vendetta, ad un estremo atto di disprezzo per chi, a sua
volta, non ci ha apprezzato quanto avremmo voluto. Alcuni capolavori sono stati
salvati in tal modo, contravvenendo alle indicazioni degli autori, e io credo
che questo sia stato un grande atto d’amore per chi se ne era andato, non di
rifiuto delle sue volontà.
Cosa fare da morti quindi, ammesso di poterlo
decidere? La cosa più bella credo sia rimanere legati alla vita, sino a quando
ci sarà concesso, per staccare con soffi leggeri una foglia dal ramo perché
cada su chi abbiamo amato mentre passeggia sotto quell’albero, per salutarlo,
per fagli capire che non è solo.
E poi giocare col tempo ed il caso, come se
fosse un passatempo da tavolo, con pedine da mettere nel posto giusto, ma
piccole cose, non grandi mutamenti. La vita è di chi vive, non dei morti, che
possono forse restare a guardare. Ma un sorriso quello tenterei ogni giorno di
farlo arrivare, quello sì, in qualche modo, grazie ad un passante, ad una
telefonata, ad una cassiera che non ha troppa fretta, ad un amico che ti
incontra e ti ascolta o ti racconta.
Ecco, penso che farei questo, se potessi, senza
illudermi di cambiare il mondo.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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