Non è chiaro quanto possa essere salutare
coltivarlo troppo; sicuramente ignorarlo completamente, oltre che difficile, è
anche segno di eccessiva leggerezza.
Tra il dar peso eccessivo alle cose e il
puntare esclusivamente sulle persone occorre un equilibrio, che ognuno realizza
secondo la propria sensibilità, intelligenza, fortuna e circostanze della vita.
Ad esempio cosa fa sentire realizzati, in fondo? Cosa permette di non aver
rimpianti, di non pentirsi di ciò che si è fatto o non fatto? E le assenze, le
vere perdite, non sarebbero arrivate in ogni caso? Il campo del possibile è
talmente vasto che non ha senso sondarlo tutto. Quello che appare è già
talmente destabilizzante, in alcuni momenti, che conviene tenere sotto
controllo questa umana tendenza alla introspezione, allo scavare, al volere
cause ed effetti (cose ed affetti).
Secondo una certa impostazione mentale, legata
a meditazione, filosofia, autoanalisi ed autocontrollo, nessuno è in grado di
aiutare gli altri se prima non aiuta sé stesso. Una sorta di generoso egoismo, una
consapevolezza di star bene e quindi di poter essere vicino a chi ha bisogno.
La cosa è difficile da realizzare, ovviamente. Nulla
è mai a portata di mano senza contropartite. Ad esempio si innesca, o si può
innescare, un meccanismo di feedback, sia positivo che negativo, dipende dalle
situazioni.
Chi si sente in stato di bisogno, avverte
carenze di tipo materiale e invidia il prato del vicino difficilmente ha un
atteggiamento equilibrato. Si ha un bel dire che contano le persone, verità incontestabile,
ma se tra le persone ci si sente a disagio, magari pure tra gli amici, le
persone a quel punto non possono avere il ruolo che spetterebbe loro.
È estremamente triste lamentarsi oltre una
certa misura di quanto non si ha e si vorrebbe avere. Innanzitutto perché, di
fronte alle tragedie epocali che stiamo vedendo ogni giorno, si dovrebbe solo
tacere. Poi perché lamentarsi non aiuta, anzi, tendenzialmente allontana gli
altri. Infine considerando che è del tutto inutile, molto meglio tentare di
risolverli i problemi, invece di raccontarli. Quindi, volendo evitare di
lamentarsi, si rischia di fare come l’animale ferito che si nasconde, cerca un
riparo, in attesa di riprendersi, ma intanto si rifiutano le persone perché mancano
le cose.
In una diversa ottica la vita è costituita di un
insieme di cicli, che in parte si ripetono, in alcuni casi si sovrappongono, ma
sostanzialmente si attraversano varie fasi durante le quali siamo più forti o più
vulnerabili, più ottimisti o più pessimisti, più o meno disponibili.
Forse è solo così, una meccanica di
combinazioni, e la nostra tanto illusoria libertà si ricava uno spazio di
facciata, giusto per le apparenze.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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