Quante volte l’ho fatto, e quante altre lo farò
ancora, immagino: spiegare perché, peggio di un somaro che si impunta, tento di
salvare una parvenza di anonimato in rete, cercando di non mettere mie immagini
se non il minimo indispensabile (una pic).
Potrei fare discorsi sulla sicurezza dei dati,
come in qualsiasi lezione scolastica un rappresentante della polizia postale
spiegherebbe ai ragazzi cosa è meglio evitare. Non ho più da tempo però l’età
dei ragazzi, quindi in parte il mio discorso sarebbe fuori luogo.
Una volta avevo la scusa che mi volevo sentire
libero dal controllo sociale, e che col mio lavoro volevo conservare la libertà
personale da un lato ed il rispetto non solo formale del mio ruolo pubblico. Anche
quel motivo è venuto meno, ed infatti ora ho la mia immagine, sui profili che
uso, e non un disegnetto luciferino.
Poi vorrei evitare penose rimpatriate con ex
compagni universitari, di liceo, di scuola media o peggio, di elementari. Dopo tanti
anni no, il tempo è finito. Siamo diversi, cioè cambiati. La cosa mi metterebbe
solo in imbarazzo. Tu che hai fatto, che bella casa hai, come sei ben inserito,
come sei fortunato (o sfortunato, emarginato, senza una casa…)?
Col tempo mi è venuto il tic di scrivere su
questo blog come se fosse uno diario pubblico. Altra complicazione, e
contraddizione. Ma come, tu che vuoi l’anonimato e la privacy scrivi di cose
tue, le metti in piazza? Ma non è la
stessa cosa, penso io. Prima di tutto quando racconto la realtà è sempre
filtrata, in qualche modo. E poi sono un timido esibizionista. Non so come spiegare
meglio questa faccenda.
Un rapporto esplicito è più onesto, è evidente che lo è. Se io mettessi il nome e il cognome con più
dati personali avrei molta più facilità ad iniziare rapporti in rete, o a
proseguirli, dalla vita fuori rete. Se ad esempio mirassi a pubblicare un libro
o a vendere un prodotto non potrei farne a meno. Ma non voglio vendere nulla a
nessuno. Non voglio importunare nessuno, e neppure imporre cose mie a chi non è
interessato. Quindi accetto un inizio di
sospetti, o di rifiuti. Lo metto in conto. A tante persone vorrei arrivare, perché
le giudico positive, stimolanti, ma molte non accettano un Asphelo un po’ strano,
o che dice poco di sé, e quindi perdo molte occasioni. Del resto chiunque abbia
oltre mille amici su Facebook o segua oltre mille persone su Twitter non può
immaginare di avere con tutte un rapporto profondo, condividendo ogni cosa. È semplicemente
impossibile.
E allora? Distacco netto tra vita in rete e
vita in strada? Per nulla. Alcune persone conosciute in precedenza fuori dalla
rete ora sono miei contatti qui. E alcune persone conosciute qui poi le ho
incontrate di persona, o sono stato riconosciuto, in strada, da loro. È stato
piacevole ed immagino che la cosa continuerà. Poi quello che può nascere da un
incontro casuale (in rete o in strada) chi può prevederlo? Io non lo so. Mi spiace
solo che un rifiuto elimini ogni possibilità, e che una mia maggiore trasparenza
faciliterebbe l’approccio, ma in fondo non sono perfetto, e neppure tu che mi
leggi lo sei, quindi, se puoi, perdonami. Ho tentato di spiegarmi e spiegarti. Sono
anni di presenza in rete che mi hanno portato a questo, e non me ne sono mai
pentito. Tento di non fare cose sbagliate, spero di riuscirci, ed il resto lo
deciderà il tempo, il nostro signore implacabile.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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