Un mese fa, in queste ore, eri già partita,
stavi partendo, non volevi partire ma dovevi farlo. Sapevo che stavi per andare
via, anche lui lo aveva capito, lo avevamo capito tutti, ma ancora non sapevamo
che l’ora era quasi arrivata, che mancava veramente tanto poco.
Ora, dopo il tuo ritorno, anche se non sei più
qui, ogni cosa è irreale. Mi ritrovo a pulire un ripiano del frigorifero alle
nove di sera, a guardare vecchie carte del 1998 la mattina alle otto, a
smontare un rubinetto per sostituirne la guarnizione dopo mesi che me lo
dicevi, a riordinare blocchetti di sapone che avevamo comprato esattamente
lunedì 28 novembre di un infinito tempo fa.
Mi ritrovo a parlare con te, mentre cammino, e
pensano che io parli da solo. Magari è vero, magari non lo è. Non credo ad una
verità unica, anche se qualche verità dovrà pure esistere, magari la più
difficile da accettare, magari una diversa per me ed un’altra per te, e tante
altre ancora differenti per chi vive sulla terra, anche se ognuno di noi, alla
fine, risponde alle stesse leggi fisiche ed umane.
Vorrei trovare idee consolatorie, e la cosa non
funziona molto. Mi ritrovo a provare rabbia; serve a ben poco pure quella ma le
motivazioni in questo caso non mi mancano.
Cado nel pericoloso gioco del “se”, e quando inizio
a giocarci poi finisco in vicoli dai quali non so uscire, e devo retrocedere piano,
allora, per non farmi male. “Se” a partire da quel mese avessimo fatto quella
cosa, “se” tu ci avessi pensato prima, “se” io ci avessi pensato prima, “se” quell’indagine
fosse andata in modo diverso… Ma col “se”, dopo tanto tempo, non si arriva da
nessuna parte.
''Non
vedermi più, non è come dimenticarmi'' potresti dirmi, ed io dovrei capire il
senso di quelle parole prima di rendermi conto del loro significato per me, e accettarlo.
Il
fatto è che tu ormai sei in viaggio forse solo nella mia mente a scombussolare
pensieri e progetti, a farmi scoprire cose dimenticate, a darmi idee nuove.
Una
cosa certamente non dimenticherò. Che sei partita il 17, che per i napoletani è
“la disgrazia”. Come dar loro torto, a questo punto, perché io non ci ho mai
pienamente creduto, lo sai, tuttavia ne ho anche sempre avuto un certo reverente
rispetto. Ma è tardi. È ora di dormire. Vieni a trovarmi, stanotte, se puoi.
Silvano
C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
Ti ho sognata
RispondiEliminaTi ho sognata
mi sei apparsa sopra i rami
passando vicino alla luna
tra una nuvola e l'altra
andavi, e io ti seguivo
ti fermavi e io mi fermavo,
mi fermavo, e tu ti fermavi,
mi guardavi e io ti guardavo
ti guardavo e tu mi guardavi
poi tutto è finito. Nazim Hikmet
...
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