A lui, a “Mono”, come lo chiamavano, sembrava una cosa
naturale. Mica ci aveva prestato attenzione sino a quando, una mattina, forse
per un discorso con un amico più strano di lui la sera prima, aveva realizzato
questa bizzarra realtà. Per caso o per scelta, giunto alla soglia dei suoi
quarantasette anni, aveva capito che non amava le novità che invece sembravano
tanto attirare molte delle persone con le quali veniva in contatto.
Se un nuovo prodotto informatico veniva lanciato sul mercato
lui si interessava, perché era curioso, ma poi soprassedeva, rimandava
l’eventuale acquisto, valutava pregi e difetti, e quasi sempre concludeva che
non ne aveva bisogno o che tra sei mesi, se ancora fosse rimasto nei suoi
pensieri, lo avrebbe trovato a prezzi inferiori.
All’auto non avrebbe mai rinunciato, ma non gli interessava
il modello più recente. La motorizzazione, l’allestimento, le prestazioni,
erano uno specchietto per allodole, e lui allodola non si era mai sentito.
Quando era costretto dalla situazione a cambiare l’auto cercava un modello di
quella casa, se possibile, e poi puntava a qualche cosa di collaudato, ad un
motore che avesse già una presenza sul mercato tale da confermare la sua
validità o, dal suo punto di vista, che la casa produttrice avesse avuto modo
di eliminare gli immancabili difetti dei modelli iniziali, dopo le prime
impressioni dei clienti.
Con l’acquisto della casa si era comportato allo stesso
modo. Non si era rivolto ad un’impresa costruttrice per un appartamento nuovo
ma aveva guardato con calma cosa offriva il mercato dell’usato, aveva visto
decine di offerte, di posizioni e di soluzioni. Poi aveva sospeso per quasi un
anno, non trovando nulla di adatto sia alle sue esigenze che alle sue
disponibilità. Quando poi si era rimesso in cerca era andato a colpo più
sicuro. Aveva scartato subito molti grandi occasioni e si era concentrato su
soli tre appartamenti. Una seconda visita poi lo aveva fatto decidere, e non si
era poi mai pentito di quella scelta. Non era stata dettata dall’impulso del
momento.
Stessa resistenza inconscia sentiva nei confronti di locali
nuovi come ristoranti o bar. Si sentiva a suo agio e tornava volentieri solo
dove era già stato. Una volta, nella città scaligera, chiusero un locale per
evidenti problemi di igiene. Era oggettivamente una bettola squallida e lurida,
ma tornandoci un giorno ci rimase malissimo nel vedere quel portone sprangato e
quel cartello applicato sul legno dall’ufficio del Comune. Poi ovviamente
andava pure in posti nuovi, o meglio, lo portavano. E da quel momento, per non
si quale alchimia strana, spesso questi entravano nella sua cerchia di locali
graditi.
Persona strana, “Mono”, che per sè non aveva mai comprato
una bicicletta nuova e amava visitare località mai viste solo dopo che qualche
amico gli aveva parlato dei posti.
Fedele a modo suo, nel senso che le altre le guardava
ma poi non aveva alcuna voglia di buttarsi in avventure faticose, si era
sposato dopo un breve e tardivo fidanzamento con una donna che gli piaceva, che lo
aveva incuriosito e stimolato da subito, e che, come prova del nove del suo
stile, aveva già avuto diverse esperienze con altri prima di mettersi con lui.
E questo lo aveva giudicato del tutto normale, anzi, era pure curioso quando
lei gli raccontava della sua vita passata.
Resta poco da aggiungere a questo ritratto brevissimo, solo
la spiegazione del perché di quel soprannome. Da piccolo un problema aveva
impedito la discesa di un testicolo nella sua sede naturale, ed ora nello
scroto ne aveva uno solo. La notizia era trapelata in paese, ed il soprannome
se lo era trovato appiccicato come una gomma abbandonata sul marciapiede che si
attacca sotto la suola e non se ne vuole andare. “Mono” in ogni caso ha tre
figli, quindi anche di questo non si preoccupa più da tempo.
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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