lunedì 19 gennaio 2015

L’immobile


In senso stretto, nell’uso corrente, come s. m., “edificio o parte di esso”, come si legge nel Vocabolario on line della Treccani.
Questo è esattamente il significato che mi interessa, ora.
Case di Amsterdam
In senso lato, casa. Casa legata al suolo, ovviamente, ad una terra, legame con la terra, con la propria terra, di nascita o di adozione. Nello specifico personale non tanto inteso come valore legato al mercato, o come bene da tassare, come ogni altro bene, del resto, bensì come bene affettivo.
Non è necessariamente di proprietà, e si può vendere, senza spezzare in modo completo, mai, i legami che ci legano a quello spazio fisico.
Se penso alla vita dei miei, che è ruotata praticamente sempre attorno ad una casa da sentire propria, per la quale fare sacrifici enormi, da lasciare in qualche modo come estremo regalo a chi resta, mi riesce difficile essere obiettivo e distaccato. Sono figlio di quei genitori, ne ho ereditato una forma mentale con pregi e difetti, non ne posso fare a meno, e non mi interessa neppure farne a meno. A loro sono semplicemente grato, per quanto mi hanno trasmesso. E per quanto hanno fatto.
Di case ne ho vissute tante, alcune perse e confuse nel tempo, tanto che mi ricordo solo vagamente di loro. Altre attuali, pur se non più a mia disposizione. In quella sono caduto dalle scale in modo rovinoso, nell’altra stavo parlando con qualcuno quando mi sono girato di scatto ed ho sbattuto violentemente la testa ad un muro, che era li da sempre. E poi la vita, che è trascorsa, le gioie e le litigate folli, l’investimento emotivo a volte esagerato, i cattivi affari ed i fallimenti immobiliari, il terremoto, la famiglia che si trasforma, le persone che vanno via per sempre lasciando però la loro presenza, muta ma fortissima.
Eppure si tratta pur sempre di cose, oggetti materiali, contenitori di altri oggetti e di persone. E animali. Ricordo un paio di criceti, qualche canarino, pochi pesci rossi, e molti gatti, che facevano parte della famiglia, i gatti prima di tutti.

Quando passeggio, dove mi capita di essere, guardo sempre le case degli altri. Ammiro i praticelli ben tenuti, gli alberi che fanno ombra in estate, le imposte curate e dipinte secondo la tradizione locale. E anche le grandi costruzioni, enormi alveari, con mille piccole finestre dalle luci che si accedono e si spengono secondo una logica tutta loro. E invidio le ricche ville di chi può permettersele, ma pure la felicità di chi vive in un piccolo appartamento in affitto, il primo di una conquistata indipendenza.
E mi spiace per chi perde la sua casa o per chi non l’ha mai avuta. Non è giusto. Troppo dipende da un proprio spazio per potervi rinunciare a cuor leggero, la stessa dignità ne ha bisogno, e morire nella propria casa è, in fondo, un grande privilegio.
                                                                                   Silvano C.©

( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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