A volte è un bisogno profondo, altre volte è un semplice
caso che riporta la memoria tanto indietro. E se la memoria ricorda, significa
che trova qualche cosa che ne vale la pena, che continua a rimanere, magari
sotto le stratificazioni di una vita formate da impulsi sessuali, frustrazioni,
grandi sogni e progetti realizzati in parte sì ed in parte no, perdita
dell’innocenza e tentativo di recuperarla.
Mio nonno se n’è andato tanti anni fa. È stato il primo a
lasciarmi della mia vecchia famiglia, quando io stavo per formarmi la mia
nuova, allontanandomi senza però mai sciogliere veramente quei legami, in una
posizione che oggi, a ben vedere, poteva sembrare ambigua, e che è stata pure
male interpretata, ma che, dentro di me, non ha mai avuto dubbi o ripensamenti
su alcuni temi.
Se tento di andare con la mente all’infanzia è impossibile
raggiungere quelle sensazioni che oggi mi rendono debitore, e ricavo solo
frammenti di discorsi, lezioni a loro modo esemplari, e poi una lenta e
progressiva perdita di dignità, inaccettabile, che non posso né voglio
spiegare.
Le cose peggiori, che feriscono di più, avvengono in
famiglia. Quello che all’inizio è il luogo dove si è accettati sempre e
comunque diviene altro, e si diventa per forza complici, anche solo per
omissione.
Non so neppure se serve il tentativo di ora, che effetti può
produrre.
Preferisco semplicemente fermarmi a quando, mio nonno,
tenendomi sulle ginocchia, mi raccontava quella favola, proprio quella, con le
parole precise scandite allo stesso modo di sempre, ed io aspettavo la fine,
conoscendola ma trovandola sempre nuova.
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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