sabato 17 gennaio 2015

Il mago


Quando gira in bicicletta per le vie della città passa quasi del tutto inosservato. Non che sia trasparente, no, semplicemente si mimetizza molto bene, è anonimo, non si fa notare sia nel modo di fare che di vestire. E poi ha smesso da tempo di vedere assiduamente le persone che frequentava, quelle che in gioventù e anche dopo gli riempivano le giornate, gli offrivano impegni e scadenze, gli davano un senso.
Quel senso non è del tutto dimenticato, è rimasto sottotraccia, come se dovesse dargli un filo ideale da seguire, ma non si impone più così vincolante com’era anni prima.

Guarda un angolo della città rimasto per miracolo praticamente inalterato, e, di fianco, un edificio in vetrocemento, con le vetrine di alcuni negozi in parte nascoste da grandi fogli di carta appiccicate dall’interno. La crisi colpisce duro, impone le sue regole spietate, e per ora sente poche parole ottimiste quando gli capita di rubare le conversazioni degli altri.
Se di una cosa non si vergogna è quella di ascoltare ciò che gli altri si dicono. Non si dovrebbe, ma non fa male a nessuno. E con nessuno poi usa a suo favore o contro altri le informazioni, i pettegolezzi o le confidenze che casualmente arrivano alle sue orecchie. Semplicemente se ne nutre, ne ha bisogno, ha bisogno di vita. E la vita la ruba in questo modo.

Inutile dire che ha sviluppato un senso dell’udito molto raffinato ed acuto, e anche mille diverse tecniche per avvicinarsi a chi parla senza far assolutamente sospettare che lui sta ascoltando. Quando si muove in bicicletta sa destreggiarsi tra pedoni, altre biciclette ed automezzi. Quando invece cammina a piedi è molto veloce nei tratti isolati e lentissimo se incrocia, segue o è seguito da qualcuno. È camminando a piedi o sedendo in posti pubblici che lui va a caccia.

Due ragazze si parlano di una serata noiosissima, e di alcuni amici che si sono rivelati una delusione. Tre uomini ad un tavolino si sfogano bestemmiando contro chi fa arrivare gli immigrati, che se fosse per loro saprebbero come fare. Un venditore spiega come è disposto un appartamento ad un possibile acquirente, e gli indica le finestre dalla strada, prima di salire per la visita. Due parlano di tanti soldi, che c’è stato un problema, che per ora sono in un bidone, ma che non possono avvicinarsi, sono controllati. Rischiano troppo. Ma il bidone dov’è? Ma è quello, dietro la colonna, idiota, stai calmo. Una donna con una mini notevole e due gambe bellissime appena velate da calze scure manda a quel paese, al cellulare, presumibilmente un uomo, e lo riempie di insulti.

Lui senza nessuna fretta si muove nella piazza, si avvicina alla colonna, vede il bidone e, al suo interno, una busta scura di medie dimensioni. È un attimo, e la busta è prima nelle sue mani e poi infilata in una borsa pieghevole che porta sempre con sé, utilissima quando deve comprare qualche cosa e poi portarsela a casa in bicicletta. Le nuove borse di plastica biodegradabile non resistono ai pesi, e lui puntualmente le rifiuta quando gli vengono offerte. 

Si allontana dalla colonna, non si gira e non si guarda attorno, sparisce dietro un edificio e poi si infila in una libreria con doppia entrata. Per oltre dieci minuti controlla attraverso le vetrine i movimenti all’esterno. I due che prima ha ascoltato non si vedono. E neppure nota altri che guardino la libreria, né vicini né lontani.
Si rilassa e finalmente mette le mani nella sua borsa per controllare il contenuto di quella busta misteriosa.
È quella della quale parlavano, è chiaro. Contiene banconote di grosso taglio. La borsa gli sfugge dalle mani ma non esce nulla, e lui la raccoglie, nell’indifferenza dei pochi che guardano copertine e sfogliano libri e riviste.

Lentamente, e stavolta guardandosi ogni tanto dietro le spalle fingendo di osservare le vetrine, raggiunge la sua bicicletta e in un attimo apre due lucchetti e già pedala verso il centro. La borsa la tiene nel cestino anteriore, senza perderla di vista, e si dedica ad un lunghissimo giro per vie principali e secondarie. Impossibile seguirlo senza che lui non se ne renda conto. Non a piedi, certamente, ma neppure in bicicletta o con altri mezzi. Nessuno lo ha notato, ne è certo. Ora è il momento di andare a casa, nel suo appartamento dove vive da solo ormai da 9 anni, e solo a casa avrà il coraggio di guardare cosa ha preso in quel bidone.

Trecentoventisettemilaquattrocentocinquanta Euro occupano pochissimo spazio se in banconote di grosso taglio. Ecco come portano i capitali all’estero, pensa.
Sono le undici di mattina. Non ha fame. Gli è passata. Guarda in strada, e non vede nulla di nuovo. Nessun volto sospetto. Nessuno lo ha seguito. Quei due erano malviventi, è chiaro, inseguiti da altri di un’altra banda o dalla polizia. E quei soldi sono presumibilmente frutto di traffici non molto leciti, sono tanti, ma non abbastanza importanti da far rischiare i due di tenerseli addosso. Ecco cosa deve essere successo. Quelli sono soldi sporchi. Dovrebbe andare alla polizia. Per ora deve pensarci. Deve capire. Poi ci andrà. Va nella dispensa, in basso, dove tiene le poche bottiglie di vino che possiede. Afferra la prima che sta davanti: Sangiovese. Va bene il Sangiovese. Apre e se ne versa un bicchiere che beve d’un fiato. Si siede al tavolo, versa un altro bicchiere, e pure quello lo beve come acqua fresca.
Poi si sposta. Si accomoda in poltrona. Pensa. Chiude gli occhi e la mente si perde, e parte.

Giulia gli sorride, nella bellezza dei sui trent’anni, lo guarda con l’aria furbetta che aveva quando si erano conosciuti, quando per prenderlo in giro si alzava la gonna davanti a lui, oppure quando litigava, e diventava una vipera incontenibile, e poi ancora, nelle lunghe vacanze dei loro anni migliori, in giro per il mondo.  E anche negli ultimi giorni, quando ormai non parlava più, in coma irreversibile, ma sempre viva, accanto a lui. Ora gli sta davanti, in piedi, è sicuramente lei, non un sogno, anche se ha il sole di fronte e non la vede molto bene.
“Tu mi raccontavi che da ragazzino volevi fare il mago, stupire, cambiare le cose sbagliate in cose giuste, un po’ illusionista ed un po’ Don Chisciotte, perché il coraggio di Robin Hood non l’hai mai avuto. Ora ne hai l’occasione. Non serve andare alla polizia. Tu sai ascoltare molto bene i discorsi degli altri, vero? Quindi sai già cosa devi fare…”

Quando apre gli occhi di soprassalto si rende conto che si è addormentato, e che il Sangiovese ha fatto la sua parte. Ha la testa un po’ pesante, ma ora sente fame, ed ha le idee più chiare. Apre un sacchetto di grissini e si taglia qualche fetta di salame. Mangia e comincia a realizzare che ha tanti soldi, troppi per le sue esigenze. Mangia in fretta, vuole uscire di nuovo, ha bisogno di aria fresca.

Cammina verso il centro. Ascolta. Vede i segni di tante cose che non vanno. Adesso ignora i discorsi di chi è arrabbiato. Si compiace della gioia che avverte nelle parole di alcuni giovani, e se ne alimenta come prima ha fatto con pane e salame.
Poi sente due donne, che parlano piano. Una delle due racconta all’altra che il marito è stato di recente lasciato a casa dalla ditta trasporti per la quale lavorava. Due anni senza stipendio in attesa della pensione. Non ce la fanno quasi più. Lui è depresso, e lei piange quasi tutto il giorno.
Il mago, quando le due donne si separano, segue discretamente quella che raccontava, e scopre dove abita.
Nei prossimi giorni cercherà di capire qual è la sua cassetta della posta tra le quattro unite, sul portone. Poi si esibirà nel suo primo gioco di magia.

                                                                                   Silvano C.©

( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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