Non ho mai avuto un lettore di eBook, un eReader, come si
chiamano quelle tavolette elettroniche che stanno diffondendosi tra entusiasmi
e polemiche che investono scrittori, editori e lettori.
Sono ancora oggi dalla parte del libro cartaceo, insomma, e
ne possiedo in quantità industriale, molti letti, moltissimi da leggere, altri
che non leggerò mai. Trovo scomodo utilizzare una tavoletta, per ora, e se devo
fare un passo in una direzione diversa dalla lettura tradizionale affermo che
trovo ottima l’idea degli audiolibri, che posso ascoltare, invece di leggere,
senza perdere nulla, anzi guadagnandoci nel cambio, perché non di rado sono gli
stessi autori che leggono il loro lavoro, ed è un piacere aggiunto, una
cortesia nei miei confronti che apprezzo molto.
Tuttavia non sono in grado di fermare il tempo - gli
acciacchi che accumulo giorno dopo giorno stanno perfidamente a ricordarmelo –
e non so per quanto il mercato del libro tradizionale potrà reggere come ha
retto sino a pochi anni fa. Le piccole librerie chiudono, per mancanza di
clienti o per scelte testarde di non cedere alla modernità ed alle sue esigenze.
Le grandi catene invece reggono ancora, ma sempre più spesso offrono volumi a
prezzo scontato, specialmente certi titoli che si trovano pure al supermercato,
e si respira aria da fine di un’era, come quando svendevano in offerta i vhs
(le videocassette analogiche) e come stanno iniziando a svendere i dvd (supporti
digitali di impiego simile, non uguale, alle videocassette). In rete si
comprano libri con lo sconto, e quindi perché spendere tre Euro in più per un
volume che di listino ne costerebbe quindici?
È solo questione di supporto, in fondo. Quello che conta è
il testo. Non è importante che per produrre un libro ci lavorino (e quindi ci guadagnino)
molti operai, da un punto di vista puramente culturale. L’importante è che il
libro comunque si legga, che quelle parole possano arrivare dallo scrittore al
lettore.
Tu mi dirai che ora mi contraddico, che ho sempre sostenuto il
contrario. Hai ragione. Togliere lavoro non è mai una cosa intelligente:
accentra il capitale, aumenta la povertà e riduce il ceto medio, delocalizza e
smaterializza la stessa dignità umana, e favorisce le multinazionali che
semplicemente ignorano sempre di più le leggi nazionali, forti del loro
strapotere mondiale.
E qui mi permetto una digressione contraria alle numerose
critiche mosse all’Europa, che era nata con ben altri ideali, è vero, ma che
ancora potrebbe essere la nostra forza se smettessimo di farci la guerra in
ogni campo e ritornassimo ai suoi principi ispiratori. Non ce la vedo molto
bene la piccola ed isolata Italia, con una resuscitata Lira, a competere con
Cina, Brasile, India e altri paesi emergenti.
Ma ritorno al tema. Tutto quello che riguarda l’economia
rimane vero, e non solo per i libri, ma occorre anche dire che la carta costa,
è un bene prezioso, e avere un supporto immateriale ha il vantaggio
indiscutibile di non far abbattere alberi per poterne godere. Non mi parlare
poi di carta riciclata per produrre un volume. Io lo voglio di qualità, prodotto
per durare nel tempo, che non si sbricioli dopo pochi anni, o pochi decenni.
Sì, quello è un problema enorme. Ogni bibliotecario lo
conosce molto bene. Un libro, con gli anni, si degrada. Può essere un topo, la
muffa, un incendio, un piccolo insetto, un caffè o il brodo, un vandalo che
strappa le pagine, la pioggia, la lavatrice che ha deciso di allagare la casa o
qualsiasi altro incidente. Un libro col tempo si può rovinare.
Se poi io compro un dizionario italiano-latino e
latino-italiano in due volumi, molto costoso per l’epoca (L. 16.800), mi importa
poco che nelle sua pagine iniziali riporti un verso delle Odi di Orazio: “Non omnis moriar” se, sfogliandolo qualche decennio dopo, rischio di strapparne le
pagine quando tento di consultarlo, manco fosse un testo medievale.
Il tempo dei papiri è finito, insomma. A parte quello che mantengo
in un vaso, ovviamente, perché come pianta mi piace molto.
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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