mercoledì 28 gennaio 2015

Il nome sbagliato



Annette Wolkowiczes dorme, nella sua stanza al quinto piano di un vecchio palazzo, in Rue Ternaux. È notte fonda, quasi l’alba del 16 luglio 1942. Viene svegliata da urla lontane, che all’inizio le fanno credere di sognare e di essere al parco a passeggiare e sentire i bambini che giocano. La sua stanza è separata dal resto dell’appartamento, ed è ricavata in uno spazio che all’inizio era stato pensato come soffitta. Il suo alloggio, del resto, da un anno, è stato affittato ad una famiglia di ebrei di origine polacca, e vi può tornare praticamente solo per usare il bagno, ma esclusivamente di giorno.

La posizione della sua stanza la salva. Quando apre la porta per guardare verso le scale la raggiungono grida disperate, ordini, rumore di porte sbattute e di passi veloci. Pensa di scendere a vedere, ma sente chiaramente una voce gridare che i poliziotti stanno cercando tutti gli ebrei che vivono nel quartiere, e dice di scappare. Lei lì non ha più nessuno di famiglia. Il vecchio padre ormai da tempo è in un paesino, al sud. Del fratello, fatto prigioniero durante i primi mesi di guerra, non sa più nulla. La madre, per sua fortuna, è morta anni prima. Non può vedere quello che succede.



La notte della grande retata lei si trova nella sua guardiola, e come le è stato ordinato controlla i movimenti di tutti quelli che entrano ed escono. Da almeno tre ore però è tutto calmo, e si è assopita sulla sedia quando si sveglia di soprassalto a causa del rumore dei due grossi autocarri e delle auto che si fermano esattamente davanti al suo palazzo. La signora Fusier non sopporta quegli invadenti ebrei, e quando un amico collaborazionista le ha detto che presto ci sarebbero state sorprese, anche nel suo palazzo, ha sperato che fosse esattamente questo, ed ora sta succedendo. Si alza, apre la porta della guardiola, e si mette a disposizione del militare che la raggiunge in meno di un minuto.



Volcots Annisette, questo nome risulta sul suo passaporto, ma il viso è il suo, e con questo documento si imbarca da Marsiglia per la Spagna. In Spagna rimarrà solo il tempo per trasferirsi in una diversa città ed aspettare il nuovo imbarco, stavolta per gli Stati Uniti. Ha avuto un aiuto insperato, ed un po’ di soldi, ma vive nel terrore di essere scoperta in ogni momento. Non ha potuto salvare il padre, però. Quando è scappata da Parigi, il 19 luglio, praticamente muovendosi come una ladra, il suo primo pensiero è stato per lui, e si è recata al sud. Troppo tardi. Anche in quello sperduto paesino erano arrivati i cacciatori di uomini, e pure lei avrebbe rischiato di essere loro preda se uno strano personaggio, probabilmente un falsario prima della guerra e sicuramente un uomo poco raccomandabile, non l’avesse fatta entrare in malo modo nella sua abitazione, un po’ ai margini del paesino, e poi non si fosse presentato come un amico di Pierre Wolkowiczes, suo padre.



Annisette attende la nipotina, Candy Bollow, davanti alla scuola del quartiere, e intanto pensa al mese successivo, quando, malgrado tutti la sconsiglino, intende fare un viaggio a Parigi, da sola, dopo oltre 38 anni da quella notte di luglio. Vuole rivedere quelle strade che con suo marito, Adrian, non ha potuto visitare, perché lui ha deciso di andarsene prima, per una neoplasia dal decorso rapidissimo. Nessuno, nemmeno lui, ha mai saputo della sua origine ebraica, e lei si è allontanata dalla fede dei suoi come un bisogno profondo di sopravvivenza, del quale inizia a provare una crescente vergogna, un senso di colpa che poco a poco la scava da dentro, e che vuole in qualche modo rimuovere, riscattare. Ma deve farlo da sola, deve prima capire, alla soglia dei suoi sessant’anni.



A Parigi si muove apparentemente senza una meta. I luoghi che le sembravano fissati indelebilmente nella mente in realtà sono cambiati, negli anni, e le risulta difficile associare un palazzo o un androne con il suo ricordo. Entra in un cafè restaurant situato nel suo antico arrondissement, chiede informazioni su un certo dottor Goldberg, che ha un ufficio nelle vicinanze, e poi, con il cuore in gola, si dirige dove le è stato indicato. Monsieur David G. le apre personalmente la porta del suo piccolo locale, è basso, magro, e con gli occhi curiosi. Sembra un topo con gli occhiali. Le fa poche domande per capire cosa desidera quella sconosciuta dallo strano accento americano, poi intuisce anche quanto lei non sa dire, e la fa entrare.



Due ore dopo leggono assieme, in un enorme registro pieno di nomi, date e destinazioni, che una certa Annette Wolkowiczes è stata catturata e deportata a Birkenau nel 1942, e che da quel luogo non ha più fatto ritorno. Annisette annuisce, sbianca visibilmente, non sa dire nulla, e tenta un improbabile ed improvviso impegno per allontanarsi da Goldberg senza ricevere ulteriori domande o dare spiegazioni. Lui non le chiede nulla però, si alza con cortesia subito dopo di lei e l’accompagna alla porta, invitandola tuttavia a tornare, se avesse avuto ancora bisogno di lui.



La sera stessa una donna col nome sbagliato è in volo su un aereo dell'Air France sulla rotta Parigi-Philadelphia, diretta a casa.

Immagine: Ebrei di Parigi vengono raccolti nel Velodromo d'inverno, nel luglio 1942, e poi deportati ad Auschwitz




                                                                       Silvano C.©


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