martedì 15 giugno 2021

Il tempo per ridere

Nel cortile della nostra casa di allora, ammobiliata e in affitto, il cane stava sempre alla catena e ringhiava a chi si avvicinava. A me, che amo i gatti, per un po' ha fatto paura. Poi, col passare del tempo, mi ci sono abituato e ho visto come veniva trattato. Male. Una sola volta al giorno i padroni gli portavano pane e acqua, oppure ossa enormi senza nulla da spolpare. Per il resto viveva sempre alla catena, estate e inverno. Un giorno chiedemmo se potevamo dargli gli avanzi della cucina, perché era un peccato buttare resti di alimenti che il cane avrebbe sicuramente mangiato. Ebbi il permesso, e la prima volta che mi avvicinai con una pentola dove avevo messo brodo di dado, pane e resti del pollo che avevo preparato mi avvicinai e lui prima abbaiò, poi, annusando l’aria, abbassò la testa e si avvicinò per nulla aggressivo come mi era sempre sembrato. Fu la prima volta. Da allora si abituò alla nostra presenza. Iniziò ad aspettare che io uscissi con qualcosa di nuovo e magari caldo, nei giorni invernali. Credo che noi due abbiamo donato a quel cane un po' di amore, ricambiato. Iniziai anche a liberarlo dalla catena, e lui tornò ogni volta senza farmi aspettare quando lo richiamavo. Ebbe alcuni anni belli, o comunque migliori. E poté finalmente correre ogni tanto, quando potevamo stare un po' fuori casa e prima che la situazione precipitasse con i vicini, da tempo in lite tra loro e ormai arrivati alle minacce e quasi alle aggressioni personali. Una volta vennero in visita un paio di nostri conoscenti, uno dei due non particolarmente sveglio. Il cane veniva ogni tanto a gironzolarci attorno, poi andava per fatti suoi. Una volta si avvicinò al nostro visitatore meno dotato e, con nostro stupore, gli fece pipì sui pantaloni. Poca cosa, l’interessato neppure se ne accorse e io, dopo aver allontanato senza dir nulla il cane, riuscii a fatica a trattenere il riso. Quella casa era gelida in inverno, ma con un bellissimo ulivo davanti alla finestra della camera. Quando ci sposammo avvisai, per pura informazione, uno dei vicini. Il suo solo commento fu una domanda: devo qualcosa? Ovviamente rispondemmo di no, e anche quello fu un motivo per ridere.

Andavamo a telefonare ai nostri usando le cabine del telefono pubblico. Non esistevano i cellulari, era un secolo fa. Una volta che vennero a trovarci i miei, che avevano le chiavi, mio padre vide sul fornello, spento, il piccolo tegame pronto col pasto del cane. Il solito brodo di dado, pane e anche alcune pelli di salame. Mio padre assaggiò e gradì. Quando finalmente tornai dal lavoro e lo vidi lui mi chiese come mai avevo messo tanto pane in quella zuppa e che secondo lui andava salata un po'. Quando mi spiegò che l’aveva assaggiata rimasi con un'espressione stupita, e lui non capì subito. Gli dissi per chi era ci rimase un po' male, ma fu un motivo per ridere, uno tra i tanti di quel periodo.

                                                                          Silvano C.©  

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