In anni lontani arrivavamo in Grecia dopo un percorso di giorni in territorio juogoslavo, quando ancora esisteva la Jugoslavia ma Tito ormai era morto. Quindi mi riferisco ad una manciata di pochi anni, temporalmente una finestra che si è chiusa tragicamente, come la storia registra.
Il viaggio era lungo, difficile, su un percorso internazionale con un traffico misto. Di quei giorni ricordo le migliaia di auto con targa austriaca e tedesca e le decine e decine di grossi tir che trasportavano la birra austriaca e tedesca per i turisti austriaci e tedeschi diretti a sud, e non solo per loro. Ricordo singole e magre mucche condotte al pascolo tenute al guinzaglio, la milicija ai bordi delle strade, le cameriere con gli scarponcini alti, i gelati ai diversi gusti ma tutti dello stesso colore, le deviazioni brevi per una sosta scoprendo paesini piccoli e poveri, il rumore degli pneumatici sull’asfalto e l’odore particolare della benzina.
I chilometri percorsi e quelli ancora da percorrere si confondevano, e sulla cartina sembrava di muoversi sempre troppo lentamente ma tu registravi sul diario i dati essenziali con date e consumi.
Dopo tre giorni simili, superato il confine con la Grecia, sembrava giunto finalmente il momento di rilassarsi. La prima sera, in un campeggio sul mare, festeggiammo con una cena alla taverna. C’era una pista, alcuni ballavano e quella musica aiutava a bere la retsina. La stanchezza e il troppo vino il mattino dopo mi lasciarono distrutto, stavo malissimo, dovevo essere bianco in viso. Tu mi obbligasti a bere uno schifosissimo caffè con spremuti dentro tanti limoni. Non so con che male parole commentai, sicuramente non fui gentile però mi nascosi quasi subito dietro un cespuglio fuori mano e risolsi la faccenda. Il pomeriggio potei dire di essere ufficialmente in vacanza in Grecia. E la sera fui astemio. Ciao, Viz.
Silvano C.©
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