sabato 19 giugno 2021

Il cielo sereno notturno sulla bassa, le notti di nebbia e una gomitata

Se mentre scrivo sono ancora vivo lo devo non solo alla mia abilità di autista ma, non so in che misura, alla fortuna. Andavamo in giro in auto perché era il nostro destino, e quello che ci pesava molto quando confrontavamo la nostra situazione a quella di altri amici era la constatazione che loro non erano costretti a vivere lontano dai genitori e quindi non avevano il bisogno, durante le feste comandate, di far ritorno in famiglia o di andare a trovare chi si era lasciato dopo aver abbandonato le terre d’origine. Alla lunga credo si sia rivelato un modo per capire e conoscere ciò che altrimenti non avremmo capito né conosciuto.

In estate andare in auto durante la notte era più facile, si sopportava meglio il calore micidiale che copriva come una cappa le province emiliane e le serate fuori erano l’occasione finalmente di respirare. Vivemmo anni di concerti estivi, di sagre paesane e parrocchiali oltre che di festival de l’Unità, di cinema all’aperto e al chiuso.  Appena si presentava l’occasione ci spostavamo attorno a Ferrara, Carpi, Bologna, Trento e non solo. Durante una sera rimasta nella memoria, esattamente sui Tre Ponti di Comacchio, vedemmo un balletto di Béjart con i corpi statuari dei ballerini lucidi di Autan mentre noi approfittavamo di provvidenziali nuvole di zampirone. A Trento, prima del concerto di Ray Charles, ebbi l’onore di ricevere una gomitata da Flaminio Piccoli, forse perché non mi ero accorto che stava passando. Vicino a Carpi, in una sala parrocchiale, vedemmo il Cielo sopra Berlino, e quando alcuni anni dopo pure noi dormimmo sotto quel cielo in parte ci sembrò di vivere in un film. Ma furono forse le notti di nebbia ad essere le più difficili da affrontare. Per alcune feste di capodanno fummo ospiti di amici che avevano un vecchio casolare. Per l’occasione le loro famiglie organizzavano un cenone emiliano unico. Ricordo che contribuivamo per le spese, come era giusto, e la quota finale, sempre notevole, era quasi equamente tripartita tra i piatti tipici, i vini di enoteca e i fuochi d’artificio degni di una piccola festa patronale. Per recarci a quelle feste rischiammo sicuramente incidenti perché la nebbia era fitta in modo incredibile, ma arrivammo ogni volta. Ed io rischiai anche l’amputazione di qualche dito delle mani o peggio, perché i fuochi erano i più importanti che io avessi mai visto e acceso. Un’altra cosa poi successe durante l’ultimo dell’anno del 1987, e anche quella rimarrà indelebile, giusto Viz? Quella, parafrasando un noto pezzo musicale, fu una notte magica.

                                                                          Silvano C.©   


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