Un titolo più adatto sarebbe: disconnesso, ma sconnesso è più aperto ad altre interpretazioni.
Quando mi ritrovo reduce da alcune ore di distacco assoluto dalla rete, a volte anche protratta per più di un giorno, provo sempre sensazioni contrastanti. Poiché mi ostino a non possedere cellulari che offrano più funzioni oltre al telefonare ed al mandare sms, quelli che praticamente tutti possiedono e che, come si fa con l'auto, alcuni fortunati cambiano appena esce un modello più aggiornato, questo avviene, con cadenza irregolare, ma avviene.
So che esistono altri modi ma la rete, quando sono
raggiungibile, mi prende, quindi essere di tanto in tanto irreperibile mi
restituisce una dimensione diversa, il tempo di circa dieci anni fa.
In quelle circostanze leggo di più, esco di più, vedo
persone e penso a cose che potrei magari scrivere e che sento mie. Oppure sono
occupato in attività nelle quali la mia presenza fisica è essenziale, e non avverto
il bisogno di fotografarmi e di raccontare in diretta ogni istante della mia
giornata. Ad esempio un trasloco bisogna farlo di persona, o andare in ospedale
per motivi diversi, o riparare una bicicletta o cucinare o visitare un museo o
andare a trovare un vecchio amico.
Poi nulla mi vieta di raccontare quello che è successo, ma,
appunto, poi.
Capita ad esempio di entrare in un luogo storico, di parlare
con una persona colta che svolge anche funzioni di “guardiana” e “guida” di
quell’edificio e in seguito, come ispirato, rientrato nei ranghi di ogni
connesso che si rispetti, vado a verificare i miei contatti su Facebook e la
vedo. È lei. Ci siamo parlati, mi ha dato una brevissima lezione di storia e di
umanità, e non ci siamo riconosciuti. Un vero incontro “senza rete”, come si
facevano una volta. Ed ho finalmente scoperto quella persona, ora ho una nuova
prova che è una donna in gamba, che ha entusiasmo nella vita e per la vita, e
so che tutto questo può arrivare anche su un social.
Questo mescolarsi di realtà mi stupisce, non mi fa pentire
di voler stare ogni tanto disconnesso, né mi fa ricredere sul fatto che a volte
devo farlo, anzi, credo che valorizzi i rapporti, li obblighi a ripensarci.
Ad esempio incontro sempre difficoltà a farmi accettare sui
social da qualcuno, intimorito o infastidito di non sapere alcune cose di me,
di non conoscermi personalmente. A volte rimango molto deluso dal rifiuto o dal
silenzio di qualcuno che mi interessa, al quale ad esempio chiedo l’amicizia su
Facebook, ma dal quale non vengo preso in considerazione.
Il mio nome su quel social è decisamente strano, forse
inquietante, eppure credo di essere un buon diavolo in fondo, una persona di
qualità medie, non certamente
pericolosa, con molti difetti a diversi pregi, come la maggioranza insomma.
Per tornare all’incontro fortuito con quella guardiana colta
poi le ho scritto, su Facebook, sulla sua pagina, e mi ha confermato che era
effettivamente lei. Ed ho capito quanto è piccolo il mondo, in fondo, e che
prima o poi si finisce sempre per incontrare coloro che provano interessi
comuni.
Quando ero giovane si telefonava raramente. Io ad esempio,
se ero in viaggio, mi mettevo in contatto con la mia famiglia un paio di
volte in settimana, ed era già tanto. Ora tutto il nuovo continua ad
affascinarmi, è innegabile, ma voglio pure il mio tempo, e perderlo come facevo
una volta. E desidero conservare le immagini che mi interessano dentro, farle
lievitare sino a volerle mostrare in vetrina come una bella torta viene esposta
in pasticceria. O come un segreto viene comunicato ad un amico, e non a tutto l’universo.
(Il post era nato con un nome diverso, poi gli ho dato questo, anche se sarebbe più corretto "disconnesso". Sconnesso però mi piace di più...)
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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